Pareri a confronto

La depenalizzazione dell’atto medico: alcune considerazioni

20 Gennaio 2025

La medicina, come del resto tutte le scienze umane, proprio perché “umane”, ha un certo grado di insicurezza, che notoriamente può portare, a chi ne è destinatario, in questo caso i pazienti, alcuni rischi per la propria salute. Lo sapevano bene i nostri grandi maestri greci e latini, spesso ricordati nei nostri scritti da questa sede: Ippocrate, Asclepiade, Platone, Galeno, Lucrezio, per citarne alcuni, già facevano presente che “Medicamentum est omne quod naturam nostram alterare potest” (Galeno,130 circa D.C.). Galeno fu preceduto da Lucrezio (50 A.C.) che addirittura affermava nel suo “De Rerum Natura”: “Quod cibus aliis est, aliis fuat(fiat) acre venenum”. Oggi tutto questo sembra essere passato in secondo ordine, facilitando spesso una condanna sulla condotta medica.

Con ciò non si vuole assolvere tutto e tutti, dal momento che sappiamo da certi ultimi episodi che hanno riempito le pagine dei giornali, che ci possono essere professionisti che trasformano la loro professionalità in qualcosa di superficiale, dimenticando perfino le più comuni norme della deontologia. Già in un nostro articolo del 15 Aprile 2021, pubblicato in questa nostra rivista, esprimemmo alcuni pensieri su questo tema, ma la realtà delle cose ci porta a pensare che molti o “fanno spallucce” o rifiutano di riflettere su questi problemi assai importanti, o addirittura, se ricoprono cariche di alta responsabilità, lanciano moniti senza farli seguire da concrete soluzioni.

Un esempio? Quanti  personaggi delle Istituzioni gridano “Basta Morti Bianche!”, e a seguire “ Ci vogliono maggiori controlli negli ambienti di lavoro”, invece di attuare verifiche concrete sui  dipendenti, al di là della loro ovvia professionalità,  se siano stati istruiti – come del resto prevede il Dlg 81/08, in materia di tutela della salute e sicurezza sul lavoro – , su ciò che possono fare o non fare nel loro ambiente di lavoro, prevenendo così i rischi e pericoli per la loro incolumità, e se sia presente nel luogo di lavoro un responsabile delle sicurezza – salute, con la certificazione di primo soccorso, magari con l’uso del DAE.  

E ancora, perché non prevedere la presenza di un punto sanitario nelle aziende più a rischio? Queste sarebbero proposte concrete e non “Flatus Vocis”! Scusate se ci ripetiamo, ma l’intento è quello di far riflettere le Istituzioni che le soluzioni possono essere date anche da semplici cittadini, che magari guardano la realtà con occhi non condizionati né da poteri politici, né da poteri economici.

Tutto ciò per ricordare e stigmatizzare che, salvo scandalose inadempienze o incertezze o incompetenze di colleghi medici nell’esercizio della propria professione, la medicina purtroppo contiene in sé una certa “imponderabilità,” che la rende talvolta “sorprendentemente” non medicamentosa, ma lesiva della salute del paziente. Il pensiero infatti va a quel mondo del Sistema Immunitario, che tanto caratterizza e rende unica la risposta di ciascuno individuo a qualsivoglia terapia. Infatti non di rado assistiamo a risposte anomale, per non dire addirittura patologicamente serie, da parte di certi pazienti, a terapie che nella maggior parte dei casi curano innumerevoli persone, ma che in altri, danno testimonianza ai detti latini, poc’anzi citati! E questo spesso non viene messo in conto quando si debbono affrontare giudizi sui comportamenti dei medici, definiti di “mala Sanità”, invece di colpevolizzarli subito e metterli alla sbarra. I periti chiamati a stabilire se l’errore medico c’è stato o no, hanno valutato anche quest’ultime riflessioni?

L’avere contezza della definizione di “Complicanza Medica” e di “Jatrogenia”, darebbe una seria ed obiettiva valutazione dei fatti che hanno portato a situazioni spiacevoli, ma non volute, o riferibili a condotte “superficiali” dei medici.

Già nell’Ottobre 2004, inviammo un nostro contributo, dal titolo “Complicanza non è iatrogenia”, in cui si metteva in evidenza, a proposito della Responsabilità Professionale del medico, che non bisognava confondere la normale complicazione di un atto medico con il danno prodotto da un vero e proprio errore del professionista: il rischio sarebbe quello di favorire ancora di più una pioggia di azioni giudiziarie di risarcimento. A dare anche una mano a quanto detto, nel Luglio 2002 uscì la sentenza a Sezioni unite della Cassazione, denominata “Sentenza Franzese”, la quale impose di non tener conto delle statistiche in campo medico in sede di contenzioso, dal momento che la medicina contiene in sé troppe variabili.

La complicanza è sempre dietro l’angolo, ma è la jatrogenia a comportare la responsabilità diretta o indiretta del medico. Occorre, allora, riportare in primo piano, per chi è chiamato a dare pareri tecnici in campo giudiziario, l’importanza di una valutazione di un atto medico, che ha prodotto lesioni ad un paziente, da riferire con piena obiettività o a Complicanza Medica o a Jatrogenia. E quanto detto, ci pare – presunzione a parte – essere un valido motivo per portare avanti con giusta determinazione il tema della “Depenalizzazione dell’atto medico”. 

Quanto fin’ora detto, può essere uno degli argomenti da prendere in considerazione quale risposta ai quesiti posti col tema “LA SANITÀ ITALIANA: UN MODELLO IN DECLINOdalla vostra redazione con mail del 17/01/2025. Infatti, da più parti e da qualche tempo, si va dicendo che se stanno diminuendo le presenze dei medici nei luoghi di cura o anche le iscrizioni a Medicina, e questo perché negli ultimi anni sono aumentati i contenziosi medico-legali, per via di numerosissime e facili denunce, di cittadini insoddisfatti, oltre che di una condanna mediatica dei professionisti sanitari, come denunciato dalle pagine di NEWSLETTER-OMCeO-Roma del 17 dicembre 2024.

Dr. Gian Piero Sbaraglia
già Primario di Otorinolaringoiatria
Consulente Tecnico d’Ufficio Tribunale di Roma,
Direttore Sanitario e Scientifico
Centro di Formazione BLS-D, PBLSD,
accreditato ARES-118 e IRC, Misericordia di Roma Centro.