13 Novembre 2024
Di Daniela Alampi, anestesista-rianimatrice
Nel vocabolario della lingua italiana la parola scelta viene definita così: “Un libero atto di volontà per cui, tra due o più possibilità, si dichiara di preferirne una ritenendola migliore, più adatta o conveniente delle altre, in base a criteri oggettivi oppure personali di giudizio, talora anche dietro la spinta di impulsi momentanei, che comunque implicano sempre una decisione.”
Ed è proprio questo che la legge 194 sancisce: la possibilità per una donna di decidere in prima persona se accettare o meno una gravidanza.
Non è la scelta di un’omicida, che si sbarazza di un altro individuo con la complicità di medici prezzolati. È una scelta. Sofferta, condivisa oppure osteggiata, che lascerà una cicatrice emotiva oltre che fisica.
Sono un’anestesista-rianimatrice e, nei primi anni della mia specializzazione ho lavorato in un ospedale che garantiva le IVG, ma pochi medici, ginecologi e anestesisti erano disposti a far parte del Servizio. Rispetto il punto di vista dei colleghi obiettori e chiedo lo stesso rispetto per chi non lo è perché non riconosco il giudizio implicito in alcune forme di espressione che poco hanno a che fare con la nostra professione. Per questo motivo mi hanno stupito le parole del Pontefice: “I medici che si prestano a questo sono, permettetemi la parola, sicari. E su questo non si può discutere”.
Parole che racchiudono la stessa forma di giudizio, per di più negativo, nei confronti delle donne che ricorrono all’IVG e dei professionisti sanitari coinvolti. Un’affermazione che non si può discutere!
Un uomo simbolo di una religione, che professa amore e accettazione, non dovrebbe essere discriminatorio nei confronti di chi rispetta una scelta e ne aiuta la sua realizzazione senza dogmi personali.
In passato la Chiesa è stata simbolo di oscurantismo, contribuendo a scrivere alcune delle pagine più retrive della nostra storia. Una storia che ha visto spesso le donne come vittime designate. Non torniamo indietro. Io penso che si debba percorrere una strada lastricata di diritti per tutti non nelle scarpe dell’altro, ma accanto. In ogni caso è doveroso prospettare tutte le alternative possibili per permettere una scelta libera e consapevole e, poi, rispettarla, qualunque essa sia.