11 Novembre 2024
Intervista a Barbara Bellettini, Presidentessa dell’Associazione “Do Re Miao”
Animali e musica: come nasce questo curioso connubio ai fini della promozione della salute e del benessere delle persone?
Sono laureata in filosofia e diplomata in chitarra classica: ho sempre avuto interesse per le discipline umanistiche e ho coltivato la certezza di voler lavorare attraverso la musica con i bambini e con persone svantaggiate. Ho seguito diversi percorsi di specializzazione e ho iniziato molto presto ad insegnare e a tenere laboratori di musica nelle scuole. Mancava però qualcosa… Ho sempre avuto una grande predisposizione al contatto con gli animali e per diversi anni ho svolto volontariato presso canili, gattili e centri di recupero per la fauna selvatica. Studiando e facendo ricerche, sono venuta a contatto con la zooantropologia, disciplina che studia la relazione culturale ed evolutiva tra l’uomo e gli altri animali. In particolare stava iniziando ad essere conosciuta e praticata anche in Italia la cosiddetta “Pet Therapy” ed ho capito che se fossi riuscita ad unire le due proposte – musica e relazione con gli animali – avrei potuto offrire un servizio completo a vantaggio del benessere di tutti. Ho iniziato a studiare e a formarmi e nel 2007 ho fondato la mia associazione, che si chiama “Do Re Miao” per richiamare le note musicali (Do Re Mi) e il verso del gatto (Miao). La musica nelle sue diverse forme (animazione musicale, pratica strumentale, coro, danza) permette di lavorare su aspetti creativi ed espressivi della persona; il contatto e la relazione con gli animali riporta ad una dimensione naturale di apertura e contatto con l’altro da sé, facendo emergere potenziali comunicativi ed emotivi di grande importanza.
Ci sembra di capire che in “Do Re Miao” da quasi vent’anni i più tradizionali percorsi di pet therapy vengano arricchiti grazie all’impiego delle discipline artistiche. Che tipo di benefici riscontrate nel lavorare da un lato con gli animali e dall’altro con l’arte?
Crediamo che la bellezza sia portatrice di armonia; la bellezza è espressa nelle manifestazioni della natura, nei suoni della campagna, nelle coreografie di corteggiamento degli animali. Lavorando con l’attenzione a ciò che è armonico diventa diretto il collegamento con diverse forme d’arte, soprattutto quelle più spontanee e istintive, che non hanno bisogno di troppa tecnica.
Bambini, ma anche anziani e detenuti: l’inclusione coinvolge tante fasce di popolazione diverse. Quali diversi risultati avete modo di riscontrare?
Ogni tipologia di utenza ha i suoi bisogni e peculiarità, il nostro compito è quello di coordinarci con chi ha già in carico la persona (educatori, psicologi, fisioterapisti o altro) per stabilire degli obiettivi da raggiungere con la mediazione degli animali o della musica.
Con gli anziani ad esempio lavoriamo molto sul mantenimento delle capacità residue e sull’umore: sono questi due aspetti importantissimi soprattutto per persone con Alzheimer.
Con i bambini gli obiettivi possono essere molteplici, a seconda che si lavori sul disagio giovanile (purtroppo in preoccupante aumento soprattutto tra gli adolescenti) o sulla disabilità (integrare uno più alunni con disabilità nel gruppo classe). Gli animali ci consentono inoltre di potenziare i contenuti didattici con esperienze pratiche e immersive, soprattutto durante le uscite didattiche in Fattoria. Con le persone detenute gli obiettivi sono principalmente la riduzione del rischio suicidario e autolesivo, l’accettazione delle regole all’interno di un gruppo, la cura di sé, il recupero dell’affettività. Purtroppo non è facile fare ricerca e produrre dati statistici significativi, ma il nostro impegno è volto sempre più a questo scopo, soprattutto grazie alla nostra collaborazione con il Dipartimento di Medicina Veterinaria dell’Università di Pisa.
Siete entrati nel network di “Cultura è Salute”. Cosa vi ha “convinti” di questo progetto e quali valori ne condividete?
Ci ha colpito molto il progetto nella sua descrizione e nelle sue finalità, cioè umanizzare i luoghi di cura (e diremmo anche gli “approcci” alla cura), sfruttando cultura ed arte come motori di cambiamenti e stimoli per la guarigione. Crediamo fortemente che anche i caregivers e tutti gli attori coinvolti nei contesti in cui ci troviamo a intervenire (genitori, educatori, guardie penitenziarie, maestre, professori) possano trarre grande beneficio da esperienze che mettano al centro la bellezza e le emozioni positive.