4 Settembre 2024
Come non rendersi conto che i crimini di oggi, siano essi a sfondo sessuale, stupri, femminicidi oppure omicidi, siano il risultato di una decadenza morale, istauratasi in questi ultimi decenni, con il concorso di almeno due potenziali cause:
- l’eccessiva libertà di azione di ciascun soggetto, libertà oggi ben sancita dalla latitanza (mancata vigilanza) delle famiglie nel seguire i ragazzi sempre più liberi di fare e disfare senza alcun freno, e crescendo quindi adulti privi delle regole della morale di vita;
- la debolezza delle Istituzioni preposte alla “vigilanza della regolarità” del rispetto delle norme e che, invece, il più delle volte è affidata alla “discrezionalità” di chi dovrebbe emettere un provvedimento sanzionatorio, provvedimento che invece il più delle volte si rivela per nulla proporzionato o efficace circa il recupero, tanto che molti soggetti, dopo aver commesso azioni delittuose, vengono rimessi in libertà, ricommettendo in questa fase altri delitti. Le cronache ne sono piene di esempi, uno per tutti il “Caso Verzeni”.
Ciò deve far riflettere sul fatto che stiamo vivendo una fase di cambiamento psichico, dovuto alla nascita di individui, i quali per via delle riflessioni fatte in premessa, sono divenuti soggetti “amorali” e perciò incolpevoli rispetto agli “immorali”, che conoscono le regole, ma le violano o volutamente o accidentalmente. L’amoralità è una condizione assai pericolosa, perché in certi casi rasenta l’“anarchia” del pensiero e di conseguenza l’assenza di regole, quindi, paradossalmente, la non imputabilità di un misfatto perché compiuto in piena “regolarità”! Ed ecco allora la costante richiesta da parte dei giudici, a fronte di un giudizio, della presenza di uno psicologo, volto ad evidenziare o la consapevolezza o l’assoluto agnosticismo di un soggetto nell’aver compiuto un misfatto; in quest’ultimo caso avvenuto “in tutta normalità”, come già detto, perché derivante non da regole non rispettate, bensì non conosciute dall’autore, tanto da mostrare tutti i segni di una perfetta “ANEDONIA”. Non è difficile costatarlo nel momento in cui il soggetto incriminato viene intervistato dai giornalisti, fuori dalle aule dei tribunali, ed il suo parlare appare un parlare privo di emozioni, dando l’impressione che le sue azioni, pur se delittuose, non rientrano nella sua mente come tali.
Rivolgiamo, ad esempio, lo sguardo all’ambiente scolastico, oggi più che mai divenuto “fucina” di iniquità, perdendo la definizione di palestra di cultura e di educazione alla vita. È tempo di decisioni eroiche e di fatti concreti. Non si deve avere paura di prendere decisioni che possano apparire autoritarie o addirittura limitative della libertà. È bene che a scuola l’alunno che “sgarra”, paghi con una punizione per l’errore commesso, soprattutto se quell’errore ha causato danno ad un suo simile, come nel caso dell’alunno che ha colpito con una pistola a pallini la sua insegnante! La cattiva azione non va discussa! Non vanno ricercate motivazioni nella sfera psicologica dell’alunno nell’immediato! La punizione è d’obbligo, poi si penserà allo studio del suo comportamento così come ad un eventuale metodo correttivo.
Lo studio poi dovrà interessare anche l’ambiente in cui si è formato l’individuo. Solo così si potranno conoscere e correggere deviazioni familiari, che hanno segnato alcuni ragazzi che, costituendosi in baby – gang – ogni sera si danno appuntamento per divertirsi arrecando danni, soprusi, ferimenti, insomma, ogni sorta di misfatti, all’ oscuro dei loro genitori e fermati soltanto dalle forze dell’ordine.
Quante volte da questa sede abbiamo “predicato” il ritorno del medico scolastico, quale punto di riferimento per il monitoraggio di questi fenomeni degenerativi comportamentali dei ragazzi di oggi!
Altra riflessione ancor più grave, a nostro avviso, è quella delle esternazioni a dir poco impietose irrazionali di fronte ad episodi da far accapponare la pelle, dei soggetti attori o spettatori, attivi o passivi, delle vicende piuttosto dolorose di cui sono stati attori o spettatori. Ed ecco allora che attraverso i mass media si sentono gridare a gran voce le solite battute ad effetto, sterili frasi esternate alla circostanza, prive di una nota chiarente del fatto: “Vogliamo giustizia”, “Basta morti sul lavoro”, “Basta vittime della strada”, “Non una di meno” ecc ecc. Niente di più ipocrita, dal momento che se si va a scavare in questi avvenimenti, si scoprono gli altarini, particolari che però non vengono mai raccontati, come il fatto che quel giovane aveva alle spalle situazioni familiari difficili, genitori che invece di fare gli “educatori” fanno gli “accompagnatori”, o dove c’era lo spaccio di droga; o genitori latitanti per lavoro, che hanno affidato ad altri l’educazione dei loro figli.
Da qui nasce l’input per un forte suggerimento agli psichiatri di creare loro stessi dei gruppi di lavoro, di concerto con i medici di base, che prendano atto delle odierne devianze e degli alterati comportamenti secondari a modificazioni di pensiero degli individui, con l’aggravante della loro completa incoscienza del senso del bene e del male: linee guida e regole precise del viver civile così da rendere più facilmente riconoscibili certi soggetti a rischio, sia per evitarli, sia per inserirli in percorsi di riabilitazione. Tali gruppi di lavoro farebbero di sicuro da riferimento per tutti coloro che, impossibilitati a fare in privato percorsi di recupero, saprebbero a chi rivolgersi per ritrovare il benessere perduto.
Dott. Gian Piero Sbaraglia
Medico Chirurgo specializzato in Otorinolaringoiatria,
già Primario Otorinolaringoiatra,
C.T.U. del Tribunale Civile e Penale di Roma,
Direttore Sanitario e Scientifico Centro di Formazione
BLSD-PBLSD – Accreditato ARES 118-Lazio e IRC, Misericordia di Roma Centro – ROMA