15 Luglio 2022
Ciò che fino ad alcuni anni fa era un dogma, è stato ormai rivoluzionato dalla tecnologia, che consente interventi sempre più mininvasivi, con traumi ridotti per il paziente, un recupero più rapido e tempi di degenza veloci rispetto ad un approccio tradizionale. Tutto questo soprattutto grazie allo sviluppo di un particolare tipo di chirurgia mininvasiva: quella con il robot. Ne parliamo con uno dei massimi esperti di questa innovativa tecnica, Antonio Biondi, Professore ordinario di chirurgia generale presso la Clinica chirurgica del Policlinico Universitario di Catania.
Professore, la chirurgia robotica è ormai entrata nella quotidianità di molti ospedali pubblici. Quali sono i vantaggi per il chirurgo e per il paziente?
La chirurgia robotica rappresenta un’evoluzione della chirurgia mini invasiva laparoscopica ed il robot di riferimento è il “da Vinci”: si compone di quattro braccia, dedicate al supporto di strumenti e endoscopio. Il sistema “da Vinci” fa uso di una tecnologia a centro remoto, un punto fisso nello spazio attorno al quale si muovono le braccia del carrello paziente. Questa tecnologia consente al sistema di manipolare gli strumenti e gli endoscopi all’interno del sito chirurgico, minimizzando la forza esercitata sulla parete corporea del paziente. Il chirurgo, seduto nella sua consolle, può muovere il robot con estrema precisione. Bisogna premettere che la chirurgia robotica è stata inizialmente utilizzata in urologia per il trattamento dei tumori alla prostata; visti da subito i benefici, è stata poi ampliata anche ad altri settori, quali la chirurgia generale, la chirurgia pediatrica e la ginecologia. Per il paziente i benefici sono molti: basti pensare alla rapidissima ripresa post operatoria, quasi immediata, con la possibilità per la persona operata di potersi ad esempio alzare in piedi già a poche ore dall’intervento. Sono convinto che nel giro di qualche anno anche il trattamento del carcinoma del retto, che sta diventando sempre più frequente anche nei giovani, potrà essere trattato con questa tecnica. Sempre più spesso purtroppo il colon è aggredito da questa patologia neoplastica, che colpisce anche soggetti under 40. Da questo punto di vista, in base a come si evolve la tecnologia ed in base a come stanno investendo le aziende, gli operatori sanitari stanno recependo sempre di più l’importanza di dotarsi di attrezzatura di ultima generazione. Nel giro di pochi anni ogni sala operatoria sarà dotata di una piattaforma robotica. Questo dimostra anche una visione futuristica delle amministrazioni, che danno la possibilità ai loro professionisti di sfruttare al meglio la tecnologia e le sue potenzialità, anche perché la richiesta degli utenti è in costante crescita.
Dinanzi all’uso di avanzati strumenti tecnologici e rispetto al passato come è cambiata la figura del medico chirurgo?
Nella chirurgia robotica il chirurgo diventa sempre più un “chirurgo tecnologico”. C’è stata un’evoluzione molto veloce dalla chirurgia laparoscopica e questa nuova tecnologia mini invasiva sta raggiungendo il suo apice anche in termini di sicurezza. Il chirurgo non sta al tavolo operatorio accanto al paziente, ma seduto in consolle. Al tavolo operatorio agirà il suo staff. La figura dunque si sta evolvendo e sta cambiando completamente: per questo il chirurgo deve essere al passo con i tempi, nel pieno di un’evoluzione teorica, concettuale, ma soprattutto pratica. Le aziende propongono percorsi di formazione, mirati alla crescita degli operatori sanitari, che stanno dando risultati eccezionali. L’Italia ha finalmente recuperato il gap rispetto ad altre realtà internazionali e adesso questa tecnica nel nostro Paese è diventata una realtà. Uno dei pionieri della chirurgia robotica è proprio un italiano, il Professor Pier Cristoforo Giulianotti che ora lavora negli Stati Uniti, ma ha iniziato in Italia ed è considerato “il padre” di questa tecnica. Il Professor Giulianotti è stato uno dei primi al mondo: partito da Grosseto ed arrivato a Chicago dove, all’università dell’Illinois, dirige il reparto di chirurgia robotica. Una branca della medicina d’avanguardia che proprio in Toscana il Professor Giulianotti ha fatto fiorire, trasformando l’ospedale “Misericordia” in uno dei centri di riferimento in tutta Europa, da quando nel 2003 ha fondato la prima “Scuola internazionale di robotica”. Un centro d’eccellenza dove lui stesso teneva i corsi avanzati e che ha formato nella medicina robotica decine di altri chirurghi mentre realizzava interventi all’avanguardia, primo al mondo ad eseguire con i robot procedure complesse come resezioni epatiche, resezioni polmonari, interventi sul pancreas.
E se durante l’intervento qualcosa va storto? Se il paziente subisce un danno per un malfunzionamento del robot? Chi è il responsabile?
La responsabilità è del primo operatore o dell’equipe, del chirurgo, dell’anestesista, degli infermieri di sala. Ma la macchina è assolutamente sicura e se ha problemi va in blocco dunque non dovrebbero verificarsi evenienze di questo tipo. Anzi, se ci si rende conto che non si può usare il robot, il chirurgo fa una conversione dalla robotica alla laparoscopica quindi comunque procede con una tecnica mini invasiva per evitare grossi tagli o ferite importanti, che chiaramente allungherebbero i tempi del post operatorio e allo stesso tempo potrebbero far sorgere complicanze post chirurgiche.
Quali possono essere gli ulteriori sviluppi di questa metodica? Pensiamo ad esempio agli interventi a distanza…
La telemedicina corre veloce. Una tendenza che la pandemia ha contribuito ad accelerare. Penso ad esempio ad un paziente di Catania, che viene operato da Boston, con il chirurgo che manovra il robot da chilometri di distanza. Tutto ciò rappresenterà sempre più la quotidianità, ma nel frattempo ci saranno anche altre evoluzioni, come ad esempio il perfezionamento delle macchine supplementari, per le quali anche le industrie si stanno attrezzando. Ci saranno oltre al robot altre macchine sempre più performanti, per creare condizioni di assoluta sicurezza e per mettere in condizione il chirurgo di operare nel miglior modo possibile.
Ma agli inizi ha sperimentato un po’ di pregiudizio? E adesso quali sono le sfide future nel campo della chirurgia robotica?
Un pregiudizio iniziale c’era: quando spiegavamo al paziente che il chirurgo non sarebbe stato fisicamente accanto a lui in sala operatoria, registravamo un po’ di scetticismo e paura. Da questo punto di vista è stato molto importante lavorare sulla comunicazione per spiegare allo stesso paziente i vantaggi della chirurgia robotica. Ormai sono i pazienti stessi che ci chiedono di poter essere operati con l’ausilio del robot. Questa è una grossa soddisfazione per il nostro centro (La Clinica chirurgica del Policlinico Universitario di Catania, diretta dal Professor Francesco Basile, Presidente della Società italiana di chirurgia, ndr) e per tutti i centri che operano così. La prospettiva futura è di formare sempre più chirurghi che sfruttino questa tecnologia ed avvicinare gli specializzandi, tramite il supporto del tutor, ad una tecnica che continuerà ad offrire enormi opportunità alle generazioni future.