18 Settembre 2024
Di Silvia Fontanive – Avvocato, Studio legale Lexinmed – www.lexinmed.it
La prescrizione del farmaco “off label” è risultata necessaria nel corso degli ultimi anni per contrastare la diffusione del Coronavirus.
I nostri medici si sono trovati in questo periodo a dover rispondere a due interrogativi: quali sono, dal punto di vista giuridico, le conseguenze di una somministrazione così estesa? Oggi, siamo forse giunti ad una maggior tolleranza verso l’utilizzo del farmaco in modalità “off label”?
I dubbi sorti tra i professionisti del settore sono leciti e, alla luce del susseguirsi di continue ondate che sembrano non voler porre fine ai contagi, è necessario offrire un chiarimento in merito.
Per rispondere alle domande poste dai sanitari è doveroso anzitutto sottolineare che la diffusione di una pandemia non autorizza a tollerare una somministrazione del farmaco libera e incontrollata. Occorre rispettare la normativa e i criteri di prescrizione elaborati nel corso del tempo.
Vediamo insieme quali sono.
La prescrizione del farmaco è, in generale, disciplinata nel nostro ordinamento dalla legge n.94/1998, la Legge Di Bella. L’articolo 3 prevede che il medico, nel prescrivere la cura al paziente, è tenuto ad attenersi «alle indicazioni terapeutiche, alle vie e alle modalità di somministrazione previste dall’autorizzazione all’immissione in commercio da parte del Ministero della Sanità». Dunque, la terapia scelta deve essere autorizzata ed è inoltre necessario che il professionista informi adeguatamente il paziente con riferimento ai profili di maggior rischio che la stessa presenta.
L’articolo 3 della Legge Di Bella disciplina anche la somministrazione del farmaco “off label”. La norma prevede infatti che il medico possa impiegare un medicinale prodotto industrialmente per un’indicazione o una via di somministrazione o di utilizzazione diversa da quella autorizzata ed indicata dal Ministero.
Vi è poi l’articolo 13 del codice di deontologia medica che, al comma 7, dispone: «ll medico può prescrivere farmaci (…) per indicazioni o a dosaggi non previsti dalla scheda tecnica, se la loro tollerabilità ed efficacia è scientificamente fondata e i rischi sono proporzionati ai benefici attesi; in tali casi motiva l’attività, acquisisce il consenso informato scritto del paziente e valuta nel tempo gli effetti».
La prescrizione del farmaco secondo la modalità “fuori etichetta” alla luce della normativa vigente è dunque consentita.
Bisogna poi considerare che, nel corso del tempo, la giurisprudenza ha elaborato ulteriori criteri ai quali il medico è tenuto ad attenersi al momento della prescrizione.
Anzitutto il professionista può scegliere di somministrare il medicinale “off-label” nel momento in cui i farmaci esplicitamente autorizzati per la cura della patologia da trattare, sulla base di dati documentati, non risultino efficaci.
In secondo luogo, l’utilizzo del farmaco “off label” è consentito a fronte di un’evidenza scientifica. Pertanto, il medico potrà optare per il farmaco “fuori etichetta” qualora sussistano studi convalidati che ne consentano la prescrizione. Dovrà trattarsi di studi pubblicati su riviste di settore accreditate in ambito internazionale.
In terzo luogo il medico è tenuto a confrontarsi sempre con il paziente, così da spiegare i benefici ed i rischi della cura scelta e chiarire eventuali dubbi. Sarà inoltre opportuno acquisire il consenso scritto del proprio assistito alla assunzione della terapia indicata.
Infine, è necessario che il medico monitori nel tempo le condizioni del paziente, così da valutare gli effetti della cura e decidere se proseguire o meno.
Bisogna poi considerare un ulteriore aspetto di primaria importanza che preoccupa i nostri sanitari: la responsabilità che va a delinearsi nel caso in cui il paziente lamenti di essere stato danneggiato dall’assunzione dei medicinali prescritti “fuori etichetta”. In tale evenienza il medico potrà tutelarsi secondo i seguenti criteri. Dovrà dimostrare che, nel caso trattato, è stato opportuno somministrare il farmaco “off label” poiché: non vi erano indicazioni terapeutiche idonee a trattare la patologia in corso, come è nel caso dell’infezione causata dal COVID-19; il medicinale scelto, alla luce degli studi disponibili poteva essere somministrato anche «fuori etichetta»; il paziente è stato costantemente sorvegliato e monitorato durante tutta la fase di cura.
Dunque, nel momento in cui si renda necessaria una prescrizione “fuori etichetta”, il medico è chiamato a scegliere la terapia valutando con attenzione le effettive condizioni del paziente e instaurando sin da subito un dialogo costruttivo con il proprio assistito, in modo da metterlo nelle condizioni di comprendere i rischi ed i benefici della cura scelta. È inoltre doveroso che il professionista sia sempre aggiornato, così da poter individuare la somministrazione appropriata e motivare adeguatamente la decisione presa.
La scelta del farmaco “fuori etichetta” deve pertanto essere effettuata secondo parametri ben delineati e ad oggi possiamo affermare che, pur a fronte della rapida diffusione di una patologia contagiosa come l’infezione da COVID-19, non si possa parlare di una maggior tolleranza, in termini giuridici, circa tale modalità di prescrizione.