18 Settembre 2024
Più è alta la fiducia nell’”ecosistema della sanità”, più i cittadini saranno disposti a occuparsi della propria salute: medici, esperti e farmacisti le figure più affidabili.
Per 8 persone su 10 la cura della salute dipende anche dai datori di lavoro.
A due anni esatti dall’inizio del lockdown, imposto da molti Paesi occidentali come misura più immediata per controllare la pandemia da Covid-19, è importante tirare le somme di come è stata percepita la gestione dell’emergenza, per capire cosa ha funzionato e cosa meno ed essere pronti in caso di una nuova crisi. È questo l’obiettivo di “Edelman Trust Barometer Special Report: Salute e Fiducia”, un’indagine condotta lo scorso mese in 10 mercati globali – tra cui diversi Paesi europei – intervistando circa 10.000 individui, per analizzare come i meccanismi alla base della fiducia abbiano impattato sul settore della salute.
La ricerca è partita dall’assunto riscontrato da diversi studi scientifici – da Lancet alla London School of Hygiene & Tropical Medicine – che la volontà di vaccinarsi degli individui e l’accettazione del vaccino dipendano principalmente da un meccanismo di fiducia complessivo che tocca tutto l’”ecosistema della sanità”: una catena composta dagli scienziati che progettano e sviluppano i vaccini, passando per le industrie che li producono e per le istituzioni che ne governano la distribuzione, fino ai professionisti della salute che li iniettano. “L’accettazione dei vaccini riguarda una relazione di fiducia che rappresenta una leva molto più importante di qualsiasi informazione – ha commentato il CEO di Edelman, Richard Edelman. Senza questi livelli intermedi di fiducia anche le informazioni scientificamente provate e ben comunicate possono non essere ritenute credibili”.
Una “catena della fiducia” che, come è emerso da questa edizione speciale del Trust Barometer, è uno degli elementi fondamentali da cui dipendono le scelte complessive in materia di salute su scala globale: più è alta la fiducia nell’ecosistema sanitario e più i cittadini, senza distinzioni di reddito o geografiche, saranno disposti a vaccinarsi o a fare controlli e check-up in maniera regolare, impattando positivamente anche sull’aspettativa di vita futura visto che la prevenzione è uno degli strumenti più efficaci per combattere alcune patologie. Un livello di fiducia che, se alto, riesce ad impattare positivamente anche sull’accettazione delle misure sanitarie a scapito della libertà personale e fa accettare con più tranquillità i consigli degli esperti.
L’informazione e il ruolo nelle scelte sulla salute
Dall’analisi dei dati è emerso che molte delle scelte dei cittadini in questo ambito dipendono dalle informazioni che ricevono o che sono in grado di trovare. Secondo il 65% degli intervistati, inoltre, esiste un divario tra come ci si prende cura della propria salute e come, invece, bisognerebbe fare. Due sono i motivi principali: per un intervistato su due le “barriere” principali sono rappresentate dai costi (50%) o da motivi legati all’informazione (47%) che, spesso, risulta “assente”, “mutevole” o “contradditoria”. Quanto al consumo di informazioni, invece, la percentuale globale di chi si informa su temi legati alla salute almeno una volta a settimana è del 50%, in pratica uno su due. Numeri che, però, variano molto a seconda dei Paesi: in UK la percentuale è del 37%, in Francia è del 42% mentre in Germania arriva al 44%, decisamente più bassi di un Paese come la Cina dove sono oltre 8 persone su 10 (81%) che dichiarano di informarsi regolarmente.
Scende la fiducia nel trovare risposte
Un dato che accomuna tutti i Paesi è legato all’infodemia che si è venuta a creare negli ultimi mesi. Il moltiplicarsi di informazioni disponibili, a volte contraddittorie, ha generato un calo della fiducia nel riuscire a trovare risposte a quesiti medici per poter fare scelte più consapevoli per sé e per la propria famiglia. L’indice è al 61% mentre nel 2017 era del 71%, con la Francia (al 59%) che perde 15 punti e la Germania (al 65%) che invece ne perde 11. Tra i gruppi in cui il calo di fiducia è più netto vi sono i giovani (18-34 anni), i cui dati scendono di 13 punti, e le persone a basso reddito che ne perdono 14.
Chi racconta la verità?
Secondo l’analisi, quando si parla di problemi di salute, il proprio dottore (76%) seguito dagli esperti del settore (71%) e dai farmacisti (69%) sono le persone che diranno sicuramente la verità, mentre le fonti più autorevoli nel veicolare informazioni su temi legati alla salute sono le autorità sanitarie nazionali (55%), il proprio datore di lavoro (53%) e il governo nazionale (50%). Quasi otto persone su dieci (77%), poi, si aspettano che il proprio datore di lavoro giochi un ruolo cruciale per assicurare la salute dei propri dipendenti attraverso una serie di attività: creando un ambiente di lavoro salutare (68%), implementando le politiche sulla salute (66%), offrendo incentivi o informazioni sanitarie (62%) e offrendo un supporto psicologico per prevenire il burnout (47%).
Le aziende del settore
Quello della salute oggi è il settore con gli indici più alti di fiducia, secondo solo a quello tecnologico, ma è anche quello che, rispetto a tutti gli altri, dal 2020 ha subito le maggiori fluttuazioni: le aziende del settore, che oggi sono ritenute credibili da oltre 6 persone su 10 (oggi è al 62% mentre a gennaio era al 64%), negli ultimi anni, soprattutto a causa dell’evoluzione della pandemia, hanno dovuto affrontare scostamenti di oltre 10 punti in periodi di tempo molto ristretti. Una volatilità che, però, può essere gestita: secondo gli intervistati, infatti, uno degli elementi chiave per fare in modo che le aziende del settore guadagnino o mantengano inalterata la fiducia è rappresentato dalla loro capacità di occuparsi anche di altri temi correlati alla salute, tra cui: l’inquinamento (69%), la povertà e le disuguaglianze di reddito (66%), i cambiamenti climatici (65%), l’elevato costo dei cibi nutrienti (62%) e le ingiustizie razziali (60%). Senza dimenticare, infine, che per sette intervistati su dieci (71%), per guadagnare ulteriore fiducia, queste aziende dovranno contribuire attivamente alla costruzione e al mantenimento della fiducia verso l’intero ecosistema sanitario, e non solo nel singolo brand o nella propria organizzazione.