18 Settembre 2024
Lo psichiatra Anacleto Realdon, che ha già condiviso con “La voce dei medici” l’emozionante esperienza della vela raccontata nel libro “Il pensionauta folle”, ci invia un nuovo contributo, che ancora una volta ha per protagonisti il mare, la navigazione e la libertà.
Mi son chiesto spesso se chi va a vela lo faccia per aspirazione o per disperazione.
Questo dubbio amletico tormenta anche il sottoscritto. Prima di partire ogni primavera per il mio semestre sabbatico velico mi chiedo se lo faccio per scelta o per una specie di condanna interiore.
Mi capita anche di ospitare a bordo persone più “disperate” di me. Il giovane diciottenne appena diplomato che, volendo sfuggire alla condanna di dover iscriversi all’università e seguire un percorso di vita obbligato, chiede di dedicarsi alla vela come “scelta” di libertà.
Il disoccupato o cassaintegrato che non aspira nemmeno d’essere integrato o reintegrato nel mondo del lavoro e vorrebbe continuare a barcamenarsi con me. Ho avuto anche “allievi” che dopo essere stati con me si sono dedicati quasi a tempo pieno alla vela agonistica.
La persona che ultimamente mi ha più colpito e sorpreso (piacevolmente) è Michele.
Un ingegnere in carriera che è stato folgorato (come San Paolo sulla via di Damasco) da una conversione alla vita essenziale. Si è licenziato dalla ditta presso cui lavorava, ha venduto casa, auto e tutti i suoi averi. Ha regalato tutti i suoi vestiti alla Caritas ed è venuto in barca con me (la sua prima volta in barca a vela) con il chiaro proposito di mollare tutto e partire per il mare infinito.
Nell’introdurlo ai primi rudimenti della vela, l’ho studiato bene durante tutto il mese che è stato con me. Non era un disperato. Anzi, trasudava serenità e rappacificazione con se stesso e gli altri. Gioviale e socievole contagiava chiunque per la sua tranquilla sicurezza e consapevolezza nel voler fuggire dal mondo civile. Senza che fosse una fuga ma una scelta di vita lungamente maturata. Quasi una scelta mistica di pace interiore, che non veniva minimamente scalfita dai nostri tentativi di riportarlo alla ragionevolezza della gente comune.
Ed è partito due anni fa. L’ho rivisto qualche giorno fa nel suo primo fugace rientro in patria. Per entrare nel mondo dei “disperati” ha seguito il mio consiglio di farsi trovare a fine novembre a Las Palmas De Gran Canaria in occasione dell’annuale partenza dell’ARC ATLANTIC. Trovò infatti lì il suo primo armatore giramondo. Mi ha fatto un sintetico resoconto della sua vita avventurosa nel mar caraibico e dintorni: Key West, Cuba, Haiti, Jamaica, Colombia, Nicaragua, Panama, Puertorico, Virgin Island, Antille, Martinica, ecc.
Non l’ho rivisto minimamente pentito della sua scelta di vita, anzi confermato e confortato con ancor maggior tranquillità. Provato ma felice d’aver dovuto superare talora prove estreme, ha mostrato quasi commiserazione nei nostri riguardi perché rimasti a languire nel mondo civile!