18 Settembre 2024
Del Dott. Vincenzo Brancaccio
già dirigente del Centro Emostasi-Trombosi e FCSA dell’Azienda Ospedaliera “A. Cardarelli” di Napoli
Leggo sulla newsletter n. 42 del 21 febbraio de “La Voce dei Medici” il servizio a firma di Corrado e Fabio Perricone. Alcune considerazioni: non si capisce la critica al “Sistema Sanitario” che non darebbe il “giusto peso” alla conoscenza del funzionamento del sistema immunitario. Che quest’ultimo riconosca il duplice meccanismo di intervento – umorale e cellulare – non sembra una novità. L’esecuzione in massa dello studio delle sottopopolazioni linfocitarie, siamo sicuri che aggiungerebbe informazioni utili per la popolazione generale? E siamo certi che i risultati sarebbero univoci, a differenza di quello che vediamo nelle patologie lonfoematologiche primarie? Non sarebbe un mostruoso sovraccarico per il SSN o, come troppo spesso succede, per le tasche di chi prendesse alla lettera l’utilità di queste indagini?
Inoltre, con buona pace del Giappone (che nel servizio citato viene dipinto come paese guida per la indicazione di “metodologie coerenti per convivere con il coronavirus”), quale sarebbe l’utilità della ricerca delle mutazioni trombofiliche (Fattore V Leiden e protrombina A20210) in tale contesto? Anche queste sarebbero indagini da eseguire a tappeto?
Da esperti di emostasi-trombosi – e guidati dalla nostra SISET – da anni combattiamo la battaglia contro l’esecuzione troppo spesso pletorica e non motivata di tali ricerche. Nel servizio si legge che “il pannello trombofilico evidenzia il gruppo degli individui maggiormente a rischio”. Ma di quale rischio si parla? Non risulta che la presenza di tali mutazioni trombofiliche interferisca sul decorso del COVID e sulle rare complicanze trombotiche della vaccinazione. Lasciamo che la clinica sia la guida suprema dell’arte medica con l’ausilio solo mirato e motivato del laboratorio (di immunologia e di emostasi).