18 Settembre 2024
Già dall’inizio della pandemia era stata suggerita la necessità di sottoporre la popolazione alla verifica della normofunzionalità del sistema immunitario, visto che soprattutto in previsione della vaccinazione era ipotizzabile ed era indispensabile che si potesse conoscere in anteprima qual era la situazione della nostra attività immunitaria. Tutto questo perché era ovvio che l’azione anche di un eventuale vaccino poteva avere delle conseguenze sul nostro sistema immunitario (l’attività globale per qualsiasi intervento presuppone il coinvolgimento diretto del sistema immunitario). In relazione a ciò è la recente valutazione degli effetti sull’attività immunitaria, rilevato da di uno studio inglese piuttosto controverso, che ipotizza un’eventuale correlazione di immunodepressione come complicanza legata alle eventuali vaccinazioni.
A tutt’ oggi non vengono praticate indagini che potrebbero aiutarci nella valutazione della normofunzionalità del sistema immunitario, mi riferisco nello specifico allo studio della tipizzazione linfocitaria. Tale studio ci permette di quantizzare i linfociti attraverso la loro funzione che è espressa da specifici antigeni di superficie presenti sulla cellula. Da non dimenticare che la nostra attività immunitaria è doppia, sierologica e citologica e si ha la sensazione che lo studio dell’attività citologica (linfociti T, B e NK) non è ancora preso nella dovuta considerazione e che potrebbe essere essenziale per una valutazione anche dell’efficacia della vaccinazione.
Lo studio dei linfociti è essenziale, essi sono globuli bianchi che svolgono un importante ruolo nell’omeostasi immunitaria e si dividono in: Linfociti T, responsabili della risposta immunitaria cellula-linfociti mediata, che si differenziano in Linfociti T helper e Linfociti T citotossici; in Linfociti B, responsabili della risposta immunitaria umorale; infine in Cellule NK, un particolare tipo di linfociti ad attività innata.
Tramite la tipizzazione linfocitaria si mette anche in evidenza l’azione fondamentale svolta dalle cellule T attivate (CD8 attivate) perché verosimilmente l’eliminazione del virus in primo contatto viene fatta non dagli anticorpi ma da queste cellule. Le cellule T inoltre riconoscono pezzi diversi del virus rispetto agli anticorpi e sono fondamentali per la memoria dell’infezione.
Quando tutta la popolazione da vaccinare, in particolare gli affetti da immunodeficienza, avrà effettuato la tipizzazione linfocitaria avremo finalmente un quadro della situazione più chiaro e potremo intervenire preventivamente sugli eventuali effetti avversi.
Di Fabio Perricone – Medicina Clinica e Sperimentale. Membro del comitato scientifico della fondazione Mediterraneo
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Del Prof. Corrado Perricone – Ematologo e già responsabile del Centro di Immunoematologia dell’AORN Santobono Pausilipon, già componente del Consiglio Superiore della Sanità. Responsabile del comitato scientifico della fondazione Mediterraneo