Diritti e Doveri

La discrezionalità dei giudici: una spada di Damocle per l’operato dei medici?
di GIAN PIERO SBARAGLIA

7 Giugno 2021

I recenti fatti di cronaca, come il caso della sentenza di condanna per la morte di Astori, inflitta al medico sportivo, nonostante che le risultanze delle perizie dei consulenti nominati dal tribunale, avessero concluso per la non sussistenza della responsabilità del medico, dal momento che la morte di Astori “non poteva essere evitata” – come è scritto nelle perizie dei CTU e detto dalla difesa. La sconvolgente rivisitazione del “caso Denise” e la scarcerazione in questi giorni del famigerato Brusca, che si è accreditato, confessando oltre 150 delitti, prima di tutto quello di Falcone e del bambino sciolto nell’acido. L’uccisone di un carabiniere – Mario Cerciello Rega – con i due ragazzi che sono stati condannati all’ergastolo.

E tanti altri esempi ancora, compresa la crisi di fiducia in cui versa oggi la Magistratura, ci obbligano a fare un’attenta riflessione circa la ben riconosciuta “DISCREZIONALITA’ dei Giudici, che in non pochi casi eè determinante nel dare sentenze di colpevolezza. Sentenze che poi – ironia della sorte! – in successivi gradi di giudizio vengono ribaltate. Tutto ciò fa nascere la consapevolezza di trovarci di fronte ad un potere istituzionale così grande, quello giudiziario, contro il quale o verso il quale si nutre paura, annichilimento e sensazione che si possa essere da esso sopraffatti, non per illeciti compiuti, ma solo perché gli occhi o il pensiero di un giudice, in quel momento ti vede coinvolto, se non addirittura complice.

È noto sin dalla nascita dei tempi che chi ha il potere e lo gestisce è sempre il più forte:

Vae voci exili!” (Guardati da chi ha il potere! – Ciceronesulla “lex Clodia de exilio”).

Da qui ne deriva che il debole, il “quidam” (per restare nel latino) è sempre quello che ci va di mezzo e che soccombe. 

Così restiamo attoniti, quando assistiamo a certe decisioni di tribunali o meglio di certi giudici, che pur portando avanti la legge (dura lex, sed lex!) attraverso capziosi ragionamenti, di certo giustificati dalla conoscenza del diritto, emettono sentenze che alla “povera gente”, “all’uomo di strada”, sembrano stridere con la logica di una condanna, legata in termini matematici ad un banale ragionamento: “se ha commesso un reato e per giunta in regime di flagranza, perché non dargli una giusta punizione?”. Quando per altri casi e con lo stesso reato, soprattutto legato alla difesa personale, vengono emesse sentenze che ti fanno dire: “sarebbe stato meglio che fossi stato ucciso o ferito io, piuttosto che essere sottoposto a giudizio per il così detto eccesso di difesa personale”. E questo è uno dei tanti episodi o circostanze, in cui la discrezionalità del Giudice la può fare da padrona.

A questo punto della riflessione sulla “discrezionalità dei giudici” entra in ballo con tutte “le scarpe” soprattutto la nostra professione di medici: un esempio per tutti è ciò che è successo allo scrivente nei primi anni 2000, quando Primario Otorino nella ASL di Teramo, venne chiamato in causa dal tribunale di Ascoli Piceno, per la denuncia di un paziente che, ricoverato ed operato di riduzione di frattura delle ossa nasali, procuratasi durante una partita di calcio, insoddisfatto del risultato operatorio, sporse denuncia. Ora, pensate! Pur essendo lo scrivente assente dall’ospedale per ferie nel periodo di tutto quel ricovero, e quindi non essendo stato lui ad eseguire l’intervento, nonostante l’aver fornito tramite avvocato tutta la documentazione necessaria comprovante la sua assenza, sia dall’ospedale che dalla Sala Operatoria, il giudice ha continuato a coinvolgermi in tutto il processo.

Solo perché ero IO il Primario, responsabile del reparto. “E che avrei dovuto –così si disse – conoscendo i miei collaboratori, dare la responsabilità chirurgica in mia assenza a collaboratori “validi”. Chiudo qui questo esempio, senza citare altre “anomalie”, che solo a ricordarle provocano molta amarezza e sofferenza.

Ecco dunque il “punctum dolens” della discrezionalità dei giudici: a loro singolarmente e personalmente è riservata la decisione di dire o non dire, di fare o non fare, di decidere in un modo e non nell’altro. La giurisprudenza glielo permette, il loro giudizio è insindacabile dal momento che loro stessi agiscono secondo le loro competenze e convinzioni, sancite a loro difesa proprio dalla discrezionalità, arma sicura e legale che li pone al riparo da qualsiasi attacco o critica.

Da qui il parallelo: se una simile prerogativa fosse riconosciuta anche per i medici?

Ovvero: se pure per la magistratura si scrivessero delle “linee guida” cui i giudici fossero chiamati a rispondere delle loro decisioni e ne rispondessero laddove fossero inadempienti o perché troppo zelanti o perché troppo superficiali” come oggi è per i camici bianchi?

Quanti di noi, che fanno Sala Operatoria, si sono trovati improvvisamente a cambiare approccio chirurgico perché dopo aver aperto la breccia operatoria si sono trovati in una realtà diversa da quella che avevano preventivato? Chiamati a rispondere in giudizio!

Il Medico oltre al rispetto dei protocolli, che debbono sempre guidare, dovrebbe anche prevedere eventuali anomale, possibili insorgenze di complicanze, quasi ad invocare, nella fattispecie, l’arte del PREVEGGENTE! Posto che la medicina venga considerata alla stessa stregua della matematica, quando tutti sanno che in medicina nulla si dà per scontato!

Ma dal momento che questa materia si presta più di ogni altra a far porre mille e mille interrogativi e dubbi, da qui la facilità nel poter giudicare e mettere in discussione l’operato del medico e di prevederne o scovarne una possibile colpa.

Già nel 2009 nel n. 3 del “Bollettino” dell’Ordine dei medici di Roma e Provincia ,con l’articolo “ Il Medico oggi: una professione (forse l’unica) che sta rifiutando l’audacia per evitare il tribunale facile”, e nel n. 5 dello stesso anno, con l’articolo “ Riflessioni sulla responsabilità del Medico” , lo scrivente metteva in evidenza  la facilità con cui il medico può incappare in  procedimenti giudiziari, nonostante che la Cassazione, con sentenza del 2005 n. 27401, avesse ammonito i giudici di merito che “ NON SI PUO’ CONDANNARE IL MEDICO EVITANDO DI MOTIVARE IL NESSO DI CAUSALITA’ ”; questo la dice lunga sull’abnorme aumento dei contenziosi medico-legali, soprattutto laddove è facile disquisire di Complicanze mediche fatte passare per “ Jatrogenie”, ( vedi: Complicanza non è Jatrogenia, Rivista: Management, Il Sole 24 Ore- Ottobre 2004, a cura di Gian Piero Sbaraglia).

Tutto questo comporta che l’onere economico, dell’eventuale procedimento giudiziario, grava soprattutto sul singolo medico – anche quando verrà dichiarata la sua incolpevolezza – nonostante sia provvisto di una personale assicurazione: le spese del supporto di un proprio avvocato gravano di norma sulla sua testa! Tutto questo non vale per i giudici: pur se in presenza di una sentenza di colpevolezza, che si tramuta con i vari gradi di giudizio in assoluzione, il “dono” della DISCREZIONALITA’ costituisce per loro un salvacondotto nel non pagare mai di persona. Saranno i cittadini – lo Stato – a pagare per loro!

A ciascun lettore la riflessione e le deduzioni.

Dr. Gian Piero Sbaraglia,
già Primario di Otorinolaringoiatria,
Consulente Tecnico d’Ufficio Tribunale di Roma,
Direttore Sanitario e Scientifico
Centro di Formazione BLS-D, PBLSD, accreditato ARES-118 e IRC, Misericordia di Roma Centro.