18 Settembre 2024
Pur riconoscendo i casi eccezionali di trombosi come “effetti indesiderati molto rari” dell’immunizzante anglo-svedese, l’Agenzia europea per i medicinali (EMA) non ritiene di dover sconsigliare le somministrazioni per genere o fasce d’età, affidando la decisione ai singoli Stati, in base alle loro esigenze.
L’EMA ha stabilito “un legame” tra il vaccino di AstraZeneca e “le rare trombosi” venosi cerebrali. “Il comitato per la sicurezza dell’Ema (Prac)” – si legge in una nota – “ha concluso che i coaguli di sangue insoliti con piastrine basse dovranno essere elencati come effetti collaterali molto rari di Vaxzevria (nome attuale del vaccino di AstraZeneca)”. Sono queste le conclusioni del Comitato per la valutazione dei rischi per la farmacovigilanza del vaccino COVID-19 di AstraZeneca ed i legami con gli eventi tromboembolici. Durante l’analisi, inoltre, lo stesso Comitato ha sottolineato che “non sono individuati fattori di rischio legati all’età”.
La maggior parte dei casi finora segnalati all’EMA, infatti, “si è verificata in donne di età inferiore ai 60 anni” ed “entro 2 settimane dalla prima dose” mentre l’incidenza dei casi sospetti dopo la seconda dose “è limitata”, rende ancora noto l’Agenzia, aggiungendo che “Una spiegazione plausibile per la combinazione di coaguli di sangue e piastrine basse è una risposta immunitaria, che porta a una condizione simile a quella osservata a volte nei pazienti trattati con eparina“. Per questo sono stati richiesti “nuovi studi, oltre a quelli in corso, per fornire maggiori informazioni e intraprenderà tutte le ulteriori azioni necessarie”.
Ai singoli Stati è stata quindi affidata la decisione di prendere provvedimenti in base alle diverse esigenze: in Italia il CTS ha dunque raccomandato la somministrazione agli over 60: “Limitandoci a Germania, Spagna e Francia, i primi due hanno di fatto sposato la linea di un uso preferenziale sopra i 60 anni, la Francia sopra i 55 anni di età – ha spiegato il Presidente Franco Locatelli – Con l’obiettivo di mettere in sicurezza la popolazione più a rischio, cioè sopra i 60 anni di età, la posizione decisa dal ministro dopo un confronto che ha coinvolto anche figure istituzionali è stato di raccomandare un uso preferenziale nei soggetti oltre i 60 anni di età”.