Covid

Vaccini anti Covid:
facciamo chiarezza!

18 Settembre 2024

Ad un anno dalla pandemia, due brillanti e appassionate ricercatrici inviano a “La Voce dei Medici” questo piccolo e interessante saggio, che vi invitiamo a leggere: sono spinte dalla necessità di fare chiarezza su tematiche diverse, molto spesso confuse, ma che tutte si concentrano sul focus ineludibile e attualissimo dei vaccini, della loro efficacia, varietà, capacità di rispondere alle variabili, della loro produzione, somministrazione,  e corsa contro il tempo ingaggiata dalla scienza, dalla ricerca, dalle politiche sanitarie a livello globale.

Pubblichiamo quindi con piacere e ringraziamo Barbara Illi e Patrizia Lavia per questo sforzo divulgativo, che siamo certi aiuterà a contrastare quei sentimenti negativi e irrazionali risvegliati spesso dal contagio, senza il supporto della conoscenza.

Un anno di pandemia

Barbara Illi e Patrizia Lavia

Istituto di Biologia e Patologia Molecolari, Consiglio Nazionale delle Ricerche, Roma 

La pandemia di COVID-19 (2019 COronaVIrus Disease, la malattia da Coronavirus 2019), esattamente da un anno, ha messo in rapporto ambiti che siamo abituati a pensare distinti: sentimenti risvegliati da contagio, morte, paura, superstizione, ignoranza, che spesso chiamano in causa la comunicazione scienza-società; ma anche il rapporto tra ricerca di base e applicazioni, industria dei vaccini, brevetti, investimenti pubblici e privati, politiche sanitarie degli stati. In questo articolo, cerchiamo di razionalizzare il filo tra questi ambiti. 

Come primo punto vorremmo ripartire dal ruolo fondamentale della ricerca scientifica. In un anno sono state prodotte conoscenze fondamentali, forse non del tutto chiare alla popolazione, ad una velocità senza precedenti: è stato decifrato il genoma del virus SARS-CoV-2 (di seguito CoV-2), chiarito il suo meccanismo d’azione, come si propaga, come infetta l’uomo. Per la prima volta la ricerca ha messo l’umanità in grado di comprendere immediatamente una pandemia, fin dal livello molecolare, e di combatterla scientificamente.

  1. La forza della ricerca di base dietro i vaccini

Mettendo in campo una impressionante ricchezza di strategie molecolari, sono stati ideati diversi vaccini contro la Covid-19 a tempo di record. Ripercorriamo brevemente le pietre miliari, poste dalla ricerca di base e indispensabili all’ideazione dei vaccini.

  • Lo sviluppo di metodi potenti di sequenziamento ha consentito di decifrare il genoma a RNA del CoV-2 già nel dicembre 2019, condividerne immediatamente la sequenza a livello internazionale ad opera dei ricercatori di Wuhan, tracciarne la propagazione nel mondo [1]; 
  • L’identificazione dell’enzima responsabile della replicazione del CoV-2, la RNA polimerasi RNA-dipendente (RdRP), tipica di altri virus a RNA [2]  è stata fondamentale per capire che il genoma del virus, nel suo ciclo replicativo, non può integrarsi nel nostro genoma perché non viene mai prodotto un intermedio a DNA (diversamente dal caso dei retrovirus quali l’HIV, agente dell’AIDS, che producono un intermedio a DNA grazie ad un diverso enzima, la trascrittasi inversa (RT), che è infatti bersaglio di molti farmaci nella terapia dell’AIDS);
  • Studi di biologia strutturale hanno chiarito il meccanismo con cui CoV-2 entra nelle cellule umane del tratto respiratorio attraverso la proteina Spike, che lega il recettore ACE2; questa scoperta è alla base dell’ideazione dei vaccini, i quali usano tutti la proteina spike per produrre immunità; 
  • La conoscenza della biologia dell’RNA ha permesso di “ingegnerizzare” l’RNA messaggero (mRNA) di Cov-2 che produce la proteina Spike ed usarlo nell’ideazione di alcuni vaccini. Questa conoscenza è stata sviluppata nei 20 anni trascorsi dal sequenziamento del genoma umano – un immenso sforzo collettivo completato nel 2001, che ha rivelato nuove, insospettate funzioni e potenzialità di modulazione degli RNA in processi complessi, quali l’oncogenesi o lo sviluppo del sistema nervoso centrale. Alla luce di questi avanzamenti consolidati della biologia molecolare, sono veramente gravi alcune approssimazioni ed errori in cui anche persone istruite sono incorse (ad esempio, definire i vaccini a RNA “vaccini genetici”, o paragonarli alle terapie geniche), generando infondati timori in una parte del pubblico;
  • Infine, studi di virologia molecolare hanno permesso lo sviluppo di vettori a DNA, basati su adenovirus non patogeni per l’uomo, alla base di un’altra classe di vaccini anti-Covid-19.

Ogni passaggio della lotta a Cov-2 ha dunque beneficiato di ricerche di conoscenza, sviluppate quasi sempre in istituzioni pubbliche: centri di ricerca pubblici e università. Il peso dei risultati della ricerca di base è incommensurabile, economicamente e giuridicamente (in termini di “diritti proprietari”), rispetto alla produzione di molecole che hanno valore salvavita, come i vaccini (si stima che questi prevengano 2-3 milioni di morti all’anno).  Questa ricerca di conoscenza ha dunque un valore fondativo indispensabile, che troppo spesso viene trascurato o dato per scontato.

  • Una varietà di strategie molecolari per i vaccini

La ricerca di conoscenza ha dunque permesso di affinare diverse strategie molecolari per i vaccini contro Cov-2, presentate già nell’Aprile 2020 in un bellissimo Editoriale di Nature [3]. Senza entrare nel dettaglio, ma rimandando a quell’Editoriale molto efficace anche graficamente, bisogna sottolineare il vantaggio di disporre di strategie molecolari diverse per ottenere risposte ottimali nelle popolazioni ed aumentare il successo della prevenzione. Per illustrare questo concetto, esaminiamo brevemente alcuni vaccini in fase avanzata, in uso o pronti ad essere approvati, illustrandone la base scientifica, le principali caratteristiche e gli elementi di criticità. Per semplicità, i dati principali sono riepilogati nella tabella.

I vaccini ad mRNA

Il primo vaccino approvato contro la Covid-19 è stato ideato da due ricercatori Turchi cresciuti in Germania, Ozlem Tureci e Ugur Sahin, persone dell’anno per il Financial Times nel 2020. Essi sono riusciti, con rara visione e tenacia, a perseguire e sviluppare la loro idea, fondando la company BioNTech.  Le figure di questi ed altri ricercatori con personalità notevoli e ruoli chiave nella ricerca sui vaccini meritano di essere approfondite in future occasioni.

Prodotto dalla Pfizer, il vaccino BioNTech è basato sull’uso dell’mRNA, derivato dal genoma di Cov-2, per la produzione della sola proteina Spike. È molto efficace (95-96%) se somministrato in due dosi a tre settimane di distanza (per approfondimenti si veda il rapporto della FDA [4]). L’efficacia del vaccino BioNTech/Pfizer è sostenuta da una mole di dati, forniti soprattutto da Israele, che ha vaccinato gran parte della sua popolazione. Questi dati, estremamente incoraggianti, dimostrano l’attenuazione della malattia, la sua non trasmissibilità e, quindi, un importante abbattimento del contagio.

L’mRNA è alla base anche del vaccino ModeRNA, il secondo approvato, ideato dalla ricercatrice americana Melissa Moore.  Il vaccino ModeRNA ha un’ideazione ed un’efficacia simili a Pfizer. La principale differenza tra i due è nell’uso di molecole lipofiliche diverse per veicolare l’mRNA nelle nostre cellule. Questo vaccino è stato prodotto anche con il sostegno finanziario del governo degli Stati Uniti che, essendo tra i finanziatori, può esercitare un diritto di opzione sulle dosi prodotte [5].

Tuttavia, l’RNA è un acido nucleico estremamente fragile che ad oggi esige una stringente catena del freddo, in ogni momento dalla produzione all’inoculo. L’RNA rappresenta quindi sia il punto di forza scientifico di questi vaccini, che un possibile limite nella loro gestione, almeno in alcune condizioni.

I vaccini a DNA basati su vettori adenovirali

I vaccini che utilizzano vettori a DNA della famiglia degli Adenovirus, ingegnerizzati in modo da essere resi non patogeni per l’uomo (vettori adenovirali), sono più resistenti di quelli a RNA e appaiono quindi più facilmente gestibili per combattere una pandemia su scala mondiale. Tuttavia, poichè gli adenovirus normalmente infettano l’uomo, i vettori adenovirali possono dare risposte variabili in diversi individui a causa della possibile presenza di una immunità attivata da precedenti esposizioni ad agenti della stessa famiglia. 

In questa classe, è molto promettente il russo Sputnik, che ha efficacia simile a quella dei vaccini a RNA (92%) [6]. L’efficacia di Sputnik è basata su una buona idea: l’uso di due diversi vettori adenovirali, nella prima iniezione e nel richiamo, potenzia la risposta anticorpale e minimizza la probabilità che l’organismo possieda già anticorpi che potrebbero neutralizzare il vaccino [7]. Benché Sputnik sia descritto sulla rivista Lancet, tra le più prestigiose, e sia autorizzato in 30 paesi, i dati del trial clinico non sono ancora accessibili. Dobbiamo augurarci che lo siano al più presto.

Anche Johnson & Johnson ha sviluppato un vaccino basato su un vettore adenovirale, che ha efficacia inferiore ai tre descritti (66%), ma la raggiunge in una sola iniezione [8]. Il vantaggio di evitare il richiamo e dimezzare le dosi necessarie per abitante è evidente. La sua approvazione è attesa ad inizio marzo [9].

Vaccini basati su proteine e subunità proteiche

La possibilità di produrre grandi quantità di proteine utilizzando biotecnologie avanzate ha dato luogo alla terza classe di vaccini basata su proteine o subunità proteiche. Il più avanzato in questa classe è il vaccino di Novovax, di imminente approvazione, ideato della ricercatrice indiana Nita Patel, altra figura di non comune tenacia. Novovax utilizza direttamente la proteina Spike legata a molecole adiuvanti e veicolata da nanoparticelle.  Nella fase 3 questo vaccino ha dimostrato un’efficacia del 90% [10].

Su un principio un po’ diverso si basa il vaccino cubano Soberana, al cui sviluppo ha partecipato anche un giovane ricercatore italiano del CNR, Fabrizio Chiodo. In questo caso, l’immunogenicità è provveduta dalla componente glicoproteica di una subunità di Spike che lega il recettore ACE2 (chiamata RBD, per receptor binding domain). Nel vaccino, diverse copie di RBD vengono coniugate ad un forte immunogeno (la tossina inattivata del tetano) e combinate con adiuvanti. Soberana ha superato la fase preclinica, ha indotto anticorpi neutralizzanti ed anche la produzione di linfociti B della memoria immunitaria a lungo termine [11].  Il caso di Soberana è interessante, oltre che per il disegno biotecnologico, anche perché concepito secondo un modello economico diverso da quelli utilizzati per gli altri vaccini: è predisposto un piano di produzione e distribuzione a costi estremamente bassi, interamente sostenuti da capitale pubblico, con l’intento di rendere il vaccino accessibile a Paesi dall’economia fragile, come diversi Paesi in Centro e Sud-America. Il programma è reinvestire poi i ricavati delle vendite in ricerca. Questo modello non è diverso solo rispetto a quelli seguiti nei paesi a libero mercato, com’è ovvio, ma anche da quelli adottati in Russia e Cina, dove i contratti sono gestiti dallo Stato ma secondo le regole del mercato.

La tabella riepiloga le principali caratteristiche dei vaccini di cui abbiamo discusso.

Stato di avanzamento di alcuni vaccini contro Sars/Cov-2 
VaccinoBase biologicaSomministrazioneEfficacia clinicaStato
BioNTech/PfizerRNA2 dosi a 3 settimane  95%Approvato FDA e EMA; campagna vaccinale in corso in diversi paesi
ModeRNARNA2 dosi a 4 settimane95%Approvato FDA e EMA; campagna in corso in US (diritto di opzione)
Sputnik2 vettori adenovirali2 dosi a 3 settimane91,6%Autorizzato in 30 paesi
Johnson & Johnson1 vettore adenovirale1 dose unica66 %Imminente richiesta di approvazione
AstraZeneca/ Università di Oxford1 vettore adenovirale2 dosi a 4 settimane (protocollo approvato) 66-75% (in diversi protocolli di somministrazione)Approvato FDA e EMA; altri protocolli in trial in UK
NVX-CoV2373 (Novavax)Proteina Spike + adiuvanti in nanoparticelle2 dosi, 3 settimane89.3%  EMA ha iniziato la rolling review
SoberanaSubunità proteiche di Spike glicosilate coniugate con toxoide tetanico + adiuvanti Fase clinica avviata a Cuba, Febbraio 2021 
SinovacCoV-2 inattivato Fase clinica in corso in Cina, Brasile ed altri paesiIn corso 
  • Quale vaccino, l’insorgenza delle varianti e la corsa contro il tempo

Un problema impegnativo riguarda la miglior scelta possibile di un vaccino rispetto ad un altro. Al problema concorrono diversi fattori:

  • la limitata capacità di produzione dei vaccini; nessuna company, nel suo stato standard, è attrezzata per produrre le dosi necessarie per una pandemia planetaria. I problemi delle companies a soddisfare la domanda globale stanno modificando i piani vaccinali in ogni paese, incluso il nostro; questo ha aperto una riflessione importante, avviando una possibile revisione delle modalità con cui altri soggetti potrebbero intervenire a produrre, su licenza, vaccini già approvati;  
  • la differente accessibilità economica dei vaccini; al costo di ogni vaccino concorrono il costo dei rischi assunti dai produttori nelle fasi di sviluppo sperimentale e quelli sostenuti nelle fasi cliniche, ai quali spesso contribuiscono gli Stati; questo genera diseguaglianze nella possibilità di accesso, legate alla differente forza economica di diversi Paesi;
  • infine, la scelta non può non essere guidata da considerazioni biologiche sulle varietà dei vaccini, la loro efficacia in diversi soggetti e popolazioni e, soprattutto, l’insorgenza di mutazioni di Cov-2. 

Il problema dell’equo accesso. Come nel caso del clima, anche nel caso dei vaccini c’è un comune interesse globale a garantire ovunque il miglior vaccino possibile. In un mondo globalizzato, la persistenza anche di pochi focolai di pandemia mette in pericolo tutti. Nature ha pubblicato un’importante analisi in Novembre 2020, evidenziando, solo sulla base delle ordinazioni, le diseguaglianze di accesso tra Paesi con diversa forza economica [12]: ad esempio, il Canada si è assicurato 8 dosi per abitante, contro 1 dose in Brasile 1 e 0,25 dosi nel resto dei paesi Latino-Americani escluso il Brasile. Queste diseguaglianze pongono sia un problema morale sull’equo accesso alla salute, ma anche un oggettivo ostacolo al superamento della pandemia se questa viene affrontata con mezzi e velocità molto diversi nel mondo. Per queste ragioni, dopo lo scoppio dell’epidemia di Ebola nel 2013, è stata istituita la CEPI (Coalition for Epidemic Prepardness Innovations), con lo scopo di promuovere strategie internazionali coordinate per lo sviluppo di vaccini contro le epidemie emergenti. CEPI ha stanziato dal 2017 ad oggi circa 820 milioni di dollari finanziando, tra gli altri il vaccino Novavax.  Con lo slogan “noone is safe untile everyone is safe” (nessuno è al sicuro, finché ognuno non è al sicuro), CEPI, OMS e l’organizzazione non governativa GAVI hanno lanciato l’iniziativa COVAX, con l’obiettivo di distribuire vaccini efficaci contro Covid-19: si prevede di distribuire 2 miliardi di dosi di vaccino in 92 paesi a reddito medio e basso entro la fine del 2021. Il governo US, che con la presidenza Biden ha ristabilito i rapporti con l’OMS, ha annunciato una partecipazione di 4 miliardi di dollari a COVAX. I progressi e i risultati di COVAX possono essere seguiti sul sito dedicato [13].

Le varianti. In questa lotta globale, la comparsa di varianti di Cov-2 pone un problema acuto. I virus, come ogni organismo sottoposto a pressione selettiva – e i vaccini sono una pressione fortissima – ha un’unica strada per non estinguersi: sviluppare mutazioni che ne consentano l’adattamento. Anthony Fauci ha ripercorso con David Morens la storia di questo conflittuale rapporto in una bellissima rassegna [14]. CoV-2 sviluppa dunque mutazioni per eludere la risposta immunitaria, spesso a carico di Spike, la sua chiave di entrata nelle cellule dell’ospite. Alcune mutazioni consentono a Spike di legare meglio ACE2 (ad esempio la variante inglese), rendendo il virus più veloce nell’infezione ed anche più patogenetico nel successivo decorso (nel Regno Unito è stata osservata un’aumentata letalità del 30-40% nei soggetti infettatati da questa variante rispetto a quelli infettati con il ceppo Cov-2 originario). Altre mutazioni alterano la struttura di Spike, rendendola non più riconoscibile agli anticorpi – sia quelli prodotti naturalmente nei soggetti infettati, che quelli indotti dai vaccini: questo è il caso della variante Sud Africana. Per motivi di spazio non è possibile elencare qui le diverse varianti (nè sarebbe utile poiché possiamo aspettarci che ne emergano di nuove ma non possiamo prevedere a priori con quali conseguenze). Emerge però la necessità di vaccinare presto per non essere costretti ad “inseguire” la velocità di mutazione del virus. Questo problema sta scardinando i piani di vaccinazione in alcuni paesi.  

Il caso del vaccino prodotto da Astra Zeneca insieme all’Università di Oxford (anche con il contributo dell’Italiana IRBM), basato su un adenovirus di scimpanzé, è emblematico. Un inspiegabile errore di campionatura ne ha limitato il trial alla popolazione con meno di 55 anni, escludendo le fasce più a rischio di sviluppare sintomatologia grave. Astra Zeneca è quindi autorizzato in soggetti tra 18 e 55 anni (in Italia l’AIFA ne ha tuttavia esteso la possibilità d’uso a 65 anni). In questa popolazione, il vaccino ha un’efficacia del 67% dopo 2 dosi somministrate a 4 settimane di distanza, dunque più bassa dei vaccini descritti in precedenza. Tuttavia, anche questo vaccino è molto efficace nel ridurre la gravità della sintomatologia nei soggetti infetti.

Il governo inglese, che ha sostenuto lo sviluppo del vaccino Astra Zeneca/Oxford con capitale pubblico, si è trovato a dover fare fronte, con urgenza, alla diffusione appunto della variante inglese, diventata prevalente nel Regno Unito (che comprende in realtà diversi sottotipi). Il governo inglese ha allora scelto di somministrare Astra Zeneca non secondo i protocolli in base ai quali il vaccino è stato approvato, ma allungando i tempi tra le due dosi allo scopo di vaccinare, almeno una volta, il maggior numero di persone possibile. Questa decisione ha suscitato sconcerto nel mondo scientifico, poiché stravolge il concetto che i trial abbiano un valore vincolante, facendo prevalere elementi circostanziali e superando le regole, universalmente condivise, della sperimentazione clinica. Non è noto, ad esempio, quanto duri la memoria immunitaria dopo una dose né se sia la stessa in tutti gli individui (inclusi, ad esempio, gli immunodepressi), introducendo quindi un elemento non controllato. Nel corso di questa somministrazione “atipica”, Astra Zeneca ha comunque comunicato una migliorata efficacia (dell’81,3%) se l’intervallo tra prima e seconda dose viene allungato a 12 settimane. I dati di questa sperimentazione, che ha visto tre gruppi di arruolamento nel Regno Unito, Brasile e Sud Africa, sono stati pubblicati dalla rivista Lancet [15], benchè accompagnati da valutazioni controverse [16].

Un nuovo passo atipico, sempre nel Regno Unito, è anche il lancio di un nuovo protocollo definito “mix and match”, nel quale si intende somministrare Astra Zeneca nella prima iniezione e Pfizer nella seconda e viceversa, in diversi gruppi [17].  Israele ha nel frattempo reso noto, dai dati della propria campagna vaccinale, che Pfizer è efficace già dopo una singola dose (stima dell’85%), anche se la persistenza di questa immunità richiederà un attento monitoraggio nei prossimi mesi.  Come scegliere quindi chi arruolare in un protocollo certo e chi in uno incerto?

Se da un lato i trial avviati nel Regno Unito richiedono un certo coraggio, e sono stati per questo chiamati da qualcuno la Dunkerque 2, in ricordo della battaglia di Dunkerque condotta dagli Inglesi contro le truppe tedesche che avevano invaso la Francia nella seconda guerra mondiale, d’altra parte esiste un problema etico non irrilevante nella scelta dei soggetti da arruolare nei trial: come decidere in che modo protocolli che hanno efficacia nettamente diversa debbano essere somministrati a diversi soggetti o popolazioni? Per classi di età? Per stato di salute? Questo potrebbe creare problemi etici di “selezione” ai quali è difficile dare una risposta.  

Le varianti possono inoltre essere differenzialmente sensibili ai vaccini. Ad esempio, gli anticorpi indotti dal vaccino Astra Zeneca non riconoscono la variante Sud-Africana di Spike, mentre Novovax sembra efficace anche contro questa variante. Il governo del Sud Africa ha sospeso il rifornimento di Astra Zeneca. A seguire, anche paesi come Svizzera e Germania hanno deciso di sospendere i loro contratti con Astra Zeneca.  

Uno strumento potente per la lotta alle varianti viene ancora dalla ricerca. Infatti, una volta dimostrata l’efficacia di una data strategia molecolare per un vaccino, è relativamente veloce introdurre sottili cambiamenti che stimolino la produzione di anticorpi diretti contro le varianti emergenti. Le biotecnologie fanno quindi la propria parte. Rimane tuttavia limitante il problema della capacità di produzione delle dosi. I due aspetti non possono essere disgiunti.

La lotta contro la COVID-19 assume ora le caratteristiche di una competizione contro il tempo, tra la nostra capacità di produrre e somministrare vaccini e la velocità di mutazione del virus. Dobbiamo evitare che, pur possedendo raffinati strumenti molecolari, noi diventiamo Achille all’impossibile inseguimento della tartaruga che è partita prima.

Per affrontare queste emergenze, l’Unione Europea ha annunciato pochi giorni fa il programma “HERA incubator” (HERA: Health Environmental Research Agenda for Europe) che, attraverso un grande sforzo congiunto pubblico-privato, allo scopo di: a) velocizzare il sequenziamento e l’identificazione delle varianti, e b) aumentare la varietà e la produzione di vaccini efficaci [18].

Una delle azioni più urgenti è dunque potenziare il sequenziamento e il tracciamento delle varianti. Occorre capire tempestivamente quali e quanti ceppi di Cov-2 dobbiamo fronteggiare, con quali frequenze e con quali trend di contagio e di letalità. In una parola, abbiamo ancora bisogno della conoscenza che ci permette di identificare nuove varianti e di adattare rapidamente vaccini efficaci. 

L’auspicio è che lo sforzo di sequenziamento e riconoscimento delle varianti diventi un impegno urgente nel nostro Paese, affiancato dal contributo a produrre vaccini su licenza, come ha già fatto la francese Sanofi, che ha abbandonato l’ideazione del proprio vaccino e scelto di ritirarsi dalla corsa, preferendo stabilire accordi con BioNTech/Pfizer per la produzione su licenza [19]. Una recente indagine ha rilevato le potenzialità anche di stabilimenti Italiani (uno per tutti, la Sclavo di Siena, ma anche altri) che potrebbero concorrere alla produzione, affrancando il nostro Paese dall’attesa delle dosi, come qualche recente dichiarazione di buon auspicio lascia presagire. Un’accelerazione di questo tipo, insieme alla possibilità di modificare efficacemente i vaccini in modo mirato contro le varianti, potranno traghettarci aldilà della pandemia. 

Riferimenti bibliografici e siti web

  1. https://www.nejm.org/doi/10.1056/NEJMoa2001017?url_ver=Z39.88 (Caratterizzazione del genoma del nuovo Coronavirus identificato a Wuhan. New Engl J Med, Dicembre 2019)
  2. https://www.mdpi.com/1999-4915/10/1/24 (Il funzionamento dell’RNA polimerasi RNA dipendente. Viruses, Gennaio 2018)
  3. https://www.nature.com/articles/d41586-020-01221-y (Una guida grafica ai vaccini contro il Coronavirus. Nature, Aprile 2020)
  4. https://www.fda.gov/media/144414/download (Versione per i media dell’approvazione del vaccino Pfizer/BioNtech da parte di FDA, Gennaio 2021)
  5. https://www.fiercepharma.com/pharma/after-nearly-1b-research-funding-moderna-takes-1-5b-coronavirus-vaccine-order-from-u-s (La partecipazione US al vaccino ModeRNA, Agosto 2020)
  6. https://www.thelancet.com/journals/lancet/article/PIIS0140-6736(21)00234-8/fulltext (Pubblicazione del vaccino Sputnik. Lancet, Febbraio 2021)
  7. https://sputnikvaccine.com/ (Home page di Sputnik, sito continuamente aggiornato)
  8. https://www.jnj.com/johnson-johnson-announces-single-shot-janssen-covid-19-vaccine-candidate-met-primary-endpoints-in-interim-analysis-of-its-phase-3-ensemble-trial. (Home page Johnson&Johnson, sito continuamente aggiornato)
  9. https://medicalxpress.com/news/2021-02-johnson-eu-vaccine.html (Richiesta di approvazione del vaccino Johnson&Johnson a EMA, Febbraio 2021)
  10. https://ir.novavax.com/news-releases/news-release-details/novavax-covid-19-vaccine-demonstrates-893-efficacy-uk-phase-3 (Home page NovaVax, sito continuamente aggiornato)
  11. https://www.biorxiv.org/content/10.1101/2021.02.08.430146v1 (Pubblicazione del vaccino Soberana. BioRxiv, Febbraio 2021)
  12. https://www.nature.com/articles/d41586-020-03370-6 (How COVID vaccines are being divided up around the world. Nature sull’equo accesso, Novembre 2020)
  13. https://www.who.int/initiatives/act-accelerator/covax (L’inIziativa globale COVAX per l’equo accesso. Sito continuamente aggiornato)
  14. Emerging Pandemic Diseases: How We Got to COVID-19  (Morens e Fauci: Emerging Pandemic Diseases. Cell, Settembre 2020)
  15. https://www.thelancet.com/journals/lancet/article/PIIS0140-6736(21)00432-3/fulltext (Il nuovo protocollo di somministrazione del vaccino Astra Zeneca nel Regno Unito. Lancet, Febbraio 2021)
  16. https://www.sciencemediacentre.org/expert-reaction-to-preprint-from-oxford-looking-at-immunogenicity-and-efficacy-of-the-oxford-astrazeneca-vaccine-with-a-3-month-gap-between-doses-and-looking-at-whether-data-says-anything-about-tran/ (Reazioni del mondo scientifico al protocollo di somministrazione modificato di Astra Zeneca. Science Media Center, Febbraio 2021)
  17. https://www.sciencemag.org/news/2021/02/should-you-mix-and-match-covid-19-vaccines-scientists-are-seeking-answers (Reazioni al nuovo protocollo mix and match di Astra Zeneca. Science, Febbraio 2021)
  18. https://ec.europa.eu/info/files/communication-hera-incubator-anticipating-together-threat-covid-19-variants_en. (L’iniziativa “Hera Incubator” della EU contro le varianti di Cov-2, Febbraio 2021)
  19. https://www.sanofi.com/en/media-room/press-releases/2021/2021-01-27-07-30-00. (La svolta di SANOFI per la produzione del vaccino Biontech/Pfizer su licenza, Gennaio 2021)