18 Settembre 2024
La seconda ondata di Covid aggrava il crollo del fatturato del settore odontoiatrico, con picchi di perdite economiche fino all’80%. Il Dottor Marco Toscanelli, dentista romano, ci racconta cos’è cambiato da sei mesi a questa parte e come ci si riorganizza per dare continuità al lavoro e non farsi travolgere dalla pandemia.
Con la seconda ondata di Covid, cosa cambia in termini di tenuta economica per gli studi?
Confrontandomi anche con molti colleghi, devo ammettere che c’è stato un calo del lavoro, soprattutto per la parte chirurgica e per l’implantologia. Personalmente ho lavorato anche durante la prima ondata ed il primo lockdown e in quel contesto abbiamo assistito ad un calo di fatturato, in termini percentuali, dell’80%. Per ora, nella seconda fase pandemica, posso più che altro parlare di “timori economici” perché le persone tendono a dilazionare i pagamenti. Cambia il modo di pagare il dentista, si cerca di rateizzare il più possibile o, quando si è impossibilitati, a rimandare le cure a tempi migliori. Mi sono dunque attrezzato per permettere ai pazienti di rateizzare e il servizio “Appago” di Club Medici ha risposto egregiamente all’esigenza, ma tanti altri studi dentistici hanno dovuto chiudere i battenti e comunque credo che a fine 2020 il fatturato sarà comunque dimezzato rispetto allo scorso anno. C’è una quota di pazienti che preferisce rinviare le cure a tempi migliori
Possiamo dire che la chiusura di alcune Regioni è un altro dei fattori che pesa sul calo dei fatturati?
Sì, c’è un problema importante legato alle chiusure perché molte persone non hanno modo di venire in studio. Ad esempio sto seguendo una cliente della Campania, che per ovvi motivi non può raggiungere Roma, e che doveva sostenere un intervento piuttosto importante, che invece è stato rimandato. Inoltre sono stati bloccati tutti quei tecnici e collaboratori che arrivano da altre Regioni: le commesse sono quindi diminuite. Inoltre dal mio punto di vista, il rallentamento non è solo di natura economica perché anche il fattore “paura” sta incidendo tantissimo. I pazienti, in questo preciso momento, tendono a rimandare sia i pagamenti sia le visite dal dentista perché hanno paura di contagiarsi. Ho adeguato il mio studio, facendo tutto da solo, seguendo le direttive generali, per poter garantire al massimo la sicurezza di tutti, grazie al distanziamento personale e all’igienizzazione costante dello studio. Ma non sempre questo è sufficiente. Erano tutti accorgimenti che già si mettevano in atto prima del Covid, ora abbiamo cercato di potenziare ancora di più tutti quei mezzi che possano aiutarci a portare avanti la nostra attività.
Dunque la paura rischia di creare più danni della crisi?
C’è questo rischio. La psiche incide moltissimo e le persone sono quotidianamente bombardate da informazioni che riguardano contagiati e morti. Ma a volte non si riesce a ragionare lucidamente: le persone hanno il terrore di infettarsi e disdicono le visite dal dentista, ma poi magari fumano o prendono quotidianamente i mezzi pubblici. Insomma ci vorrebbe maggiore consapevolezza, sapendo che noi medici stiamo facendo il possibile per garantire a tutti cure adeguate ed interventi in sicurezza.
La rivoluzione digitale potrebbe aiutare il mondo della sanità?
Certamente può aiutare, ma è un po’ come parlare di scuola e di didattica a distanza: anche noi dentisti, al pari dei professori con i loro studenti, abbiamo bisogno di contatto verbale, umano e fisico perché la persona si mette nelle mani di uno specialista e conta anche questo aspetto. Inoltre i nostri pazienti sono spesso molto anziani, non hanno tutta questa dimestichezza con la tecnologia, e questo è un grosso limite. Si può giustamente promuovere la tecnologia, ma credo che una volta finita la pandemia, si tornerà come prima. L’isolamento fa soffrire, siamo avvezzi alla socialità, le macchine non possono sostituire tutto.