18 Febbraio 2025
Il dibattito sulla riforma della sanità entra nel vivo dopo la pubblicazione della bozza che ha posto al centro, tra gli altri temi, la possibilità di trasformare il ruolo del medico di famiglia da libero professionista convenzionato a dipendente del Servizio Sanitario Nazionale. Tuttavia, la riforma solleva un acceso dibattito tra i professionisti della sanità, divisi tra chi vede nella dipendenza una maggiore stabilità e organizzazione del lavoro e chi teme una perdita di autonomia e flessibilità nell’erogazione delle cure.
Cosa ne pensano i medici?
Abbiamo raccolto alcuni dei loro pareri ed ecco come si sono espressi.
Credo che la telemedicina sia molto utile, se non altro in fase preventiva. Poi dovrebbero rendere possibile ai medici con doppia iscrizione di operare con entrambi i ruoli nell’ambito dello stesso studio! In odontostomatologia mi occupo di chelazione metalli pesanti e trovo che la parte di medicina che integra la rimozione di amalgama intra-orale dovrebbe essere il giusto coronamento di una terapia che, diversamente, resterebbe incompleta ed assumerebbe solo la parvenza di terapia sostitutiva “estetica”, perdendo di vista il vero ruolo terapeutico.
Maria Nuri Marullo, dentista
Sono un medico di medicina generale ora in pensione. Penso che la riforma che costringe i medici di famiglia a diventare dipendenti del SSN non farà altro che favorire l’ulteriore fuga dei colleghi e dei pazienti dal servizio sanitario stesso, aggravando quindi la già critica situazione attuale.
Giancarlo Andreotti, medico medicina generale
La storia si era già presentata anni fa, ma l’avevamo respinta! Due considerazioni: la prima è che potrebbe essere auspicabile poter godere di privilegi come malattia, ferie, liquidazione anche a discapito degli introiti, anche con una diminuzione di orario di lavoro. Ma onestamente, per me che ho lavorato per 43 anni come medico di famiglia, mancherebbe il rapporto di affetto, fiducia ed empatia con i pazienti che ho visto crescere in tanti anni di attività. Oggigiorno ci sono molti medici che andranno in pensione e quindi vedo a rischio la “medicina territoriale”, anche perché oggi i medici sono digitalizzati. In sintesi: io non vorrei essere medico “dipendente”.
Antonio Bracci, medico di medicina generale
Sono un vecchio medico, anzi un chirurgo, ci tengo a dirlo. Raggiungere un’esperienza adeguata ad eseguire interventi complessi non è stato facile. Ora lavoro ancora occupandomi di Flebologia e Vulnologia, giusto per tenermi occupato, ho 75 anni. Ritengo che far passare alla dipendenza assoluta la medicina del territorio non sarà un grande vantaggio, ci saranno solo aumenti di spesa, perché tante attività che il medico di medicina generale svolge da solo o in ambito familiare dovranno essere coperte da personale addetto che dovrà essere pagato. Di certo non ci sarà maggior disponibilità verso i pazienti. Un paziente di tutti è un paziente di nessuno. Ho lavorato quando esisteva il tempo definito. Lavoravo fuori dell’ospedale ed i miei pazienti erano seguiti con attenzione anche in ospedale. Quando si è passati al tempo pieno con esclusività, non c’è stato un miglioramento dell’assistenza e di interesse per i pazienti. Si vuole sviluppare in un’economia capitalista, un sistema sanitario socialista. È una contraddizione in termini. Si arriverà ad un incremento della sanità privata con assicurazioni e convenzioni e il SSN sarà rivolto alle urgenze/emergenze e alle fasce più indigenti.
Fulvio D’angelo, medico chirurgo
I medici vanno coinvolti nella gestione delle strutture come professionisti ed imprenditori e non come dipendenti. in questo caso avremo solo una medicina di stato con buona pace dei governati (destra e sinistra) e una medicina parallela privata.
La miglior riforma sanitaria si fa con le risorse: finanziarie e umane, soprattutto con grande capacità di analizzare gli strumenti e gli scopi che si vogliono raggiungere per ogni bambino donna uomo anziano della società in cui oggi ci troviamo a vivere. Senza infingimenti, doppie strade o falsi obiettivi. Lavoro in un ambulatorio specialistico e il mio problema quotidiano non è individuare una diagnosi o una terapia, quello lo fanno i pazienti da soli e guai a contraddirli! Devo fungere da bidone dove si gettano ansie, paure, angosce travestiti da sintomi e malattie inesistenti. Ma la funzione di ascolto è sacra e va esercitata sempre. Il risvolto molto pragmatico è però quello per cui quando a tutto ciò si tenta di affiancare chiarimenti e rassicurazioni, evitando altri interventi diagnostici, il paziente diventa aggressivo e molti mi affrontano con la frase, ormai divenuta un mantra, “Allora lei mi vuole uccidere!”. Quindi giù a prescrivere esami, indagini, terapie del tutto inutili e costose, che rappresentano, oltre e più di qualsiasi parola o ascolto, la vera cura per il paziente ambulatoriale moderno. Di questo passo a me sembra che qualsiasi riforma sanitaria sia destinata a blande soluzioni o al fallimento.
Anna Maria Aucone, neurologa
Da alcuni anni si assiste ad un proliferare di critiche e di proposte di riforma della Medicina Generale/Medicina di famiglia provenienti, in genere, da personaggi che nulla hanno a che fare, e che non conoscono, questa branca della medicina. Ciò si concretizza con giudizi ingenerosi, che non tengono in alcun conto i sondaggi che vedono la figura del Medico di Medicina Generale come quella preferita da parte degli intervistati.
Leonida Iannantuoni, medico chirurgo
Prova di ciò è il sondaggio condotto dall’Istituto Piepoli, presentato nel corso della 3° edizione degli Stati Generali della comunicazione per la salute. L’analisi, infatti, rileva come l’81% dei rispondenti abbia fiducia nel proprio medico di famiglia, dato che spicca tra gli over 55 (88%), seguiti dalla fascia 35-54 (79%) e dai 18-34enni (73%). La non conoscenza della Medicina Generale/Medicina di famiglia è, inoltre, causa di proposte “fantasiose” di riforma della stessa che non tengono assolutamente conto, non solo, della peculiarità della tipologia di lavoro e del carico lavorativo ad esso connesso, ma anche del numero complessivo, ed in via di progressiva diminuzione, dei Professionisti che vi si dedicano. Ciò fa sì che si rincorrono fantasie di doppio rapporto di lavoro con distribuzione del monte orario tra case della salute e studi periferici.
Sicuramente la Medicina Generale/Medicina di famiglia necessita di un “ammodernamento”, ma ove si concretizzasse quanto ultimamente sentito, si arriverebbe al classico “Buttar via l’acqua sporca ed il bambino”.
Sono un medico di medicina generale in pensione da due anni. Questa riforma del SSN è solo all’inizio, potrebbe andar bene nel tempo futuro, siamo nel pieno della sua evoluzione: accettiamola come riforma sperimentale ed osserviamo nel tempo come cambieranno le cose, prima di dare giudizi positivi o negativi.
Gian Antonio Buttero, medico di medicina generale
I “medici di famiglia” NON esistono. Una famiglia composta da 4 persone adulte può essere assistita da 4 “medici di libera scelta”. Il corretto uso delle parole è la principale opportunità per risolvere i problemi. Il “medico di libera scelta” viene scelto da ogni singola persona, il “medico di famiglia” invece dovrebbe essere scelto dalla prima comunità umana (famiglia) e deve fare riferimento alla nidificazione della società nello specifico TERRITORIO. Pertanto le necessità sanitarie di una società richiedono medici scelti dalla organizzazione sociale e non dal singolo individuo.
Roberto Chicchi, medico di medicina generale