20 Gennaio 2025
Caro Ippocrate,
mi rivolgo a te, padre della medicina, per riflettere sul tuo giuramento e sulla sua applicazione nel mondo contemporaneo, un mondo in cui la scienza si è evoluta, ma la cura dell’anima rischia spesso di passare in secondo piano.
Io sono un ginecologo che si occupa di procreazione e nel mio lavoro ho imparato che la cura non riguarda solo il corpo. È l’anima del paziente che deve essere toccata, con empatia e attenzione. Quando incontro una coppia che desidera creare una nuova vita, vedo in loro una squadra, e io stesso mi definisco il loro coach della fertilità. Il mio ruolo non è solo fornire terapie o protocolli, ma guidarli con determinazione verso il loro sogno, costruendo un rapporto di fiducia e comprensione.
La tua visione della medicina come un atto di bene, un impegno morale e umano, è ancora oggi fondamentale. Tuttavia, mi permetto di aggiungere un punto: la cura dell’anima. Non si può guarire un corpo senza tener conto delle emozioni, delle paure, e delle speranze che abitano i pazienti. L’empatia, la capacità di entrare in sintonia con l’altro, è ciò che trasforma un medico in un guaritore.
Come tu stesso hai insegnato, la medicina non è solo un sapere tecnico, ma un’arte che richiede ascolto, umanità e rispetto. A volte, la radice di una malattia non si trova solo nel corpo, ma in profondità, nel vissuto e nelle emozioni del paziente. Una corretta informazione e una comunicazione empatica possono essere parte integrante della terapia.
Ti ringrazio per averci donato i principi che guidano ancora oggi la nostra professione. Spero di onorare il tuo insegnamento, cercando di essere non solo un medico, ma un custode dell’equilibrio tra corpo e anima dei miei pazienti.
Con rispetto e gratitudine,
Fabio Perricone, ginecologo e coach della fertilità