13 Novembre 2024
Di Diana Barigelletti, Vice Presidente “Prolife Insieme”
Vorrei all’articolo pubblicato su “La voce dei medici” a firma della dottoressa Daniela Alampi, anestesista e rianimatrice, “IVG: sicari sono i medici che ostacolano la libera scelta di una donna”. La Dott.ssa è una rianimatrice, ossia un medico che cerca in ogni modo, in una fase critica del malato, di mantenerlo in vita con ogni mezzo possibile. La sua esperienza l’ha sicuramente messa a contatto con tante situazioni in pericolo tra la vita e la morte e immagino la grande e meritata soddisfazione quando un malato si riprende dopo il suo intervento. Come può dunque sostenere che si può invece rinunciare alla vita solo perché non ancora nata? Come può una professionista a cui la persona in punto di morte si affida come unica possibilità di sopravvivenza, sostenere che una donna possa avere la libertà di uccidere invece di adoperarsi perché si possano trovare soluzioni che permettano alla vita di essere tutelata? È evidente come la società di oggi stia sempre più scivolando nel baratro dell’inciviltà. Le cronache quotidiane ci ricordano quanto la vita umana sia sempre meno tenuta in considerazione rispetto ad altre forme di vita per le quali ci si indigna platealmente.
E non occorre essere cristiani per comprendere che un bambino, una volta concepito, assume gli stessi diritti di ogni altro essere umano, compreso quello dell’assistenza medica. La favola del grumo di cellule che non sono ancora uomo non è accettabile in una società progredita tecnologicamente, che riesce a dimostrare con immagini stupende l’energia vitale che scaturisce nel momento del concepimento. Da quell’istante la vita è presente ed è già essere umano in crescita. Aborto è impedire alla vita di continuare la propria esistenza. Quindi uccidere.
Il Papa, che tutti si sentono in diritto di contestare, ha soltanto espresso coraggiosamente la verità: l’aborto è un omicidio, chi lo commette è un sicario e su questo non si discute. Occorre ribaltare la visione del “problema”. Porre attenzione alla donna è doveroso, ma occorre impostare il problema nel verso giusto. Premesso che la scelta della donna, nella stragrande maggioranza dei casi, avviene prima del concepimento, quando liberamente sceglie di avere un rapporto sessuale dal quale è possibile che possa derivare una gravidanza. Il numero impressionante di aborti, in aumento con l’avvento delle pillole abortive, dimostra chiaramente che non tutti sono conseguenza di violenze ma quantomeno di superficialità nel vivere la sessualità con leggerezza e imprudenza.
Il rispetto per la donna si manifesta aiutandola ad accettare la maternità come un dono immenso, non aiutandola a liberarsi di un peso inutile. La donna soffre perché ha abortito, ed è una sofferenza che si protrarrà per tutta la vita, perché non ha potuto trovare soluzioni ad una situazione che, imprevista, l’ha messa dinanzi a difficoltà psichiche, economiche o sociali che non era forse preparata ad affrontare. Non è stata aiutata a risolvere quello che appariva un problema ma che in realtà, nel tempo, si sarebbe rivelata una benedizione per sé stessa e per la società. Ribaltare la visione è anche sapersi mettere nei panni di quel bambino che viene strappato in modo cruento, atroce, dal grembo della mamma senza che abbia alcuna colpa, nemmeno in caso di stupro, di violenza, di errore di calcolo.
La donna può trovarsi in stato emotivo confusionale nel momento in cui scopre di essere incinta, ma il personale medico, che la vita ha giurato di proteggerla, ha la possibilità di valutare le situazioni e cercare in ogni modo di trovare, con le varie istituzioni, la soluzione ai suoi problemi senza il sacrificio del bimbo.
O siamo davvero diventati così insensibili, così disumani, così accecati da un’ideologia egoistica e egocentrica da non essere più in grado di provare tenerezza per tutte le creature, anche quelle inizialmente invisibili, che vengono barbaramente trucidate in nome dell’autodeterminazione e di una, presunta, libertà?