30 Settembre 2024
All’intervista risponde il dott. Simeone Carullo, referente per la comunicazione istituzionale, responsabile delle attività amministrative dei progetti “Epocal” e “Epocal II” e delle attività di comunicazione ad essi connessi.
Dopo il grande successo di “Epocal 1”, la direzione dell’Ospedale Morelli ha voluto rilanciare l’iniziativa estendendola anche alla fotografia, “Epocal 2”. Iniziamo da una panoramica di queste due rassegne?
Si tratta di due mostre estremamente suggestive, situate nei locali del presidio ospedaliero “Morelli”, che è uno dei due presidi del “Grande Ospedale Metropolitano” di Reggio Calabria, il più nuovo. È fondamentale sottolineare in questa sede come entrambe le gallerie occupino i corridoi nei quali si trovano i reparti oncologici (Ematologia, Centro Trapianti Midollo Osseo). La mostra “Epocal I” è stata curata dal professore Carmelo Cotroneo, che ha anche donato una sua opera. Il progetto curatoriale di “Epocal II” è, invece, della dott.ssa Roberta Cuzzola, una giovane artista reggina che si è formata a Brera. Ovviamente, per la buona riuscita dei progetti è stato fondamentale il supporto fattivo del Direttore Amministrativo del G.O.M., dott. Francesco Araniti.
Le iniziative hanno ricevuto il contributo gratuito di moltissimi artisti, locali e non, professionisti e non, italiani e stranieri, e presentano opere estremamente moderne, dal grande impatto visivo, dove dominano colori accesi, tratti forti, sensazioni immediate ed al contempo indefinite, talune sono sgargianti e leggere, altre – più impegnative – invitano alla riflessione sulle più grandi tematiche dell’esistenza: la vita, l’amore, la speranza, la guerra, la malattia, il sacro, la spiritualità, l’arte stessa. Ecco, EPOCAL è stato ed è questo: un formidabile spazio artistico (fisico e spirituale) situato dentro un ospedale. Dall’humus delle opere scaturisce un percorso evocativo di atmosfere, costumi, ambienti dove il richiamo ancestrale della natura si sposa, in un connubio dialettico e profondo, con gli aspetti sacri e profani della contemporaneità. Non solo: tutte le opere, alcune delle quali sono state stimate di un certo valore economico da un professionista del settore, sono state inserite nel patrimonio complessivo dell’Ospedale.
Com’è nata la decisione di proporre una mostra permanente all’interno dell’ospedale?
L’idea della prima mostra è stata dell’allora Commissario Straordinario del G.O.M., ing. Iole Fantozzi, la quale ha preso spunto dalla grande generosità manifestata nei confronti del G.O.M. durante la prima ondata della pandemia da COVID sia dalle associazioni che dai privati cittadini. L’idea era di convertire questa generosità in un segno tangibile, permanente, che avesse respiro culturale, quindi non meramente materiale. Abbiamo così lanciato il progetto denominato, appunto, EPOCAL – Arte in Ospedale, con diverse finalità: migliorare l’estetica e la qualità degli spazi ospedalieri; valorizzare l’elemento culturale all’interno degli ambienti sanitari e promuovere la cura dell’individuo nella sua interezza: corpo e anima, cuore e mente, nell’ottica di un trattamento olistico che pone sullo stesso piano gli aspetti fisici, mentali, emotivi e spirituali della persona. Il progetto era finalizzato all’umanizzazione dei luoghi di cura (secondo il protocollo per gli Istituti di Ricerca – IRCCS) ed al miglioramento della qualità della vita dei degenti consci degli influssi mitigatori e catartici di cui è portatrice la bellezza sull’animo umano, e nella convinzione che l’arte e la cultura rivestano un ruolo centrale sia per la crescita individuale sia per il successo stesso dei percorsi clinici. “Arte in Ospedale” è anche il tentativo di ricostruire, attraverso le opere che tanti artisti hanno donato con generoso slancio, la dignità di un luogo per sua natura carico di pathos che, nella nostra realtà, ha subito ulteriormente il peso di condizioni avverse che hanno alimentato il senso di sfiducia.
La sinergia tra artisti e personale ospedaliero rappresenta certamente uno dei punti cardine di questa iniziativa. Perché secondo lei è così importante il connubio tra cultura e scienza?
Non solo tra gli artisti e noi dipendenti dell’Ospedale che abbiamo lavorato al progetto – convogliando la loro generosità in un unico spazio – ma anche tra artisti e pazienti, nel senso che gli artisti hanno voluto donare qualcosa di proprio, che è anche qualcosa di bello, agli ambienti ospedalieri e quindi, per traslato, ai pazienti. Ci sono opere che parlano direttamente a loro: una, in particolare, racconta il percorso di guarigione dal cancro, il ché è molto significativo, altre alludono al disagio psichico, che è uno dei grandi mostri del nostro tempo. Il connubio tra cultura e scienza è importante perché l’una è espressione dell’altra. La Scienza moderna nasce dagli ambienti culturali più fervidi, i più grandi scienziati del passato erano soprattutto filosofi, pensatori, letterati, o anche artisti. Senza i quesiti sull’Essere non ci sarebbero stati quelli sulla Natura o sulla Vita, o sulla natura della Vita. Non mi spingo indietro fino all’epoca classica, ovvero alla data di nascita della Scienza e la Filosofia (almeno occidentale), ma lo stesso Galileo, considerato come il padre della Scienza moderna, è stato un pensatore e un letterato. E Leonardo da Vinci, molto prima di lui, è l’esempio più sorprendente del connubio tra Cultura, Arte e Scienza. È un principio che non dimentichiamo mai, e infatti, spesso tra le varie iniziative culturali che abbiamo portato avanti di recente, ce n’è una di cui vorrei parlare: alla fine dello scorso anno, su impulso dell’attuale Commissario Straordinario, dr. Gianluigi Scaffidi, e del Direttore Sanitario Aziendale, dr. Salvatore Costarella, e con lo sforzo organizzativo dello staff della Direzione, abbiamo organizzato un grande concerto di musica classica, svoltosi al Teatro Comunale “F. Cilea”, con la collaborazione del Conservatorio di Reggio Calabria, in cui si è voluto riunire il personale sanitario, le associazioni e le istituzioni, in una celebrazione della Cultura e della buona Medicina.
In che modo i quadri, le fotografie e le opere d’arte sono stati di supporto ai pazienti e al personale sanitario?
Mi permetto di parlare della mia esperienza personale per poi tentare di fare un discorso più generico: dal momento che mi capita spesso di percorrere quei corridoi, per lavoro o per altri motivi, ho davvero la sensazione – ed è questa che vorrei condividere con i lettori – di attraversare le stanze di un museo di arte pittorica. Per alcuni minuti, immersi in quei colori, circondati da quelle figure e da quelle immagini, ci si dimentica di essere in un Ospedale, e quando poi ce lo si ricorda l’umore è già cambiato. Ecco, io credo e spero che per i pazienti sia lo stesso. Abbiamo detto: cura dell’individuo nella sua interezza, corpo e anima, cuore e mente. EPOCAL, i quadri, l’arte, fanno questo: nutrono l’anima, e quando l’anima è sazia anche il corpo sta meglio. D’altronde, all’indomani delle due iniziative, sono stati molti gli apprezzamenti che abbiamo ricevuto. Io stesso, quando come dicevo passo da quei luoghi, sbircio le reazioni degli utenti e li trovo sempre, tutti, piacevolmente sorpresi. Il fatto stesso che una paziente che è stata curata per il cancro abbia voluto partecipare all’iniziativa la dice lunga sull’efficacia della stessa. Per quanto riguarda gli operatori sanitari, sono sicuro, ma più di me lo sono stati i vertici aziendali che hanno dato avvio e respiro ai progetti, che lavorare in un ospedale in cui alle pareti sono affissi quadri e fotografie d’autore, oggettivamente godibili, sia certamente più gradevole che lavorare in locali grigi e anonimi.
Il nostro network “Cultura è Salute” sta dedicando un approfondimento proprio al tema degli ospedali che aprono le porte all’arte. Nel Sud Italia ci sono abbastanza iniziative di questo tipo? Come si potrebbero incentivare?
Pur non essendo in grado di approfondire questo tema, in linea generale posso dire di non aver letto di molte iniziative culturali negli ospedali calabresi e in ogni caso, quando ci sono, rischiano di essere estemporanee. Anche il G.O.M. potrebbe fare di più e meglio, ad esempio, si potrebbero strutturare e rendere organici alle terapie i laboratori d’arte o di teatro per i pazienti, o ancora proiezioni e laboratori di lettura e scrittura. Tutte attività che, se ben congeniate e chiedendo il supporto delle associazioni, potrebbero esser fatte a costo zero e rendere l’Ospedale un luogo più vivibile. Nell’estate del 2022 abbiamo svolto un Progetto artistico-terapeutico dal titolo “Mondi da favola”. È stata un’esperienza molto apprezzata, soprattutto dai bambini, che si è svolta in Pediatria. Alla fine del laboratorio, grazie alla guida della coordinatrice Roberta Cuzzola, i piccoli pazienti hanno prodotto dei quadri fantastici che sono tuttora esposti nei locali ospedalieri del presidio “Riuniti”. Uno è addirittura affisso in Direzione. Di strutturato, invece, in Ospedale, e più precisamente nei reparti di Pediatria e di Oncoematologia Pediatrica, abbiamo la “Scuola in Ospedale”, ovvero classi di scuola elementare e media per garantire ai bambini ed agli adolescenti ricoverati la continuità didattica, temporaneamente negata dalla malattia. La Scuola in Ospedale è possibile grazie alla convenzione con l’Istituto Comprensivo Galileo Galilei – Pascoli.