16 Aprile 2024
Intervista a Vincenzo Alastra, Responsabile del Servizio Formazione e Sviluppo Risorse Umane dell’ASL BI di Biella, nonché Professore a Contratto presso l’Università di Torino. Autore e curatore di diversi saggi e libri in tema di Medicina Narrativa e pratiche di cura centrate su un approccio narrativo è impegnato nei seguenti ambiti di studio e di ricerca: Medicina Narrativa e approccio Narrativo, Esperienziale, Autobiografico e Riflessivo (NEAR) nei contesti e nei percorsi di formazione e cura; Brevi ed Essenziali Narrazioni (BEN) nella relazione di cura in favore di pazienti e professionisti della cura e, più in generale, di persone coinvolte in passaggi apicali della vita, con particolare riferimento alle pratiche poetiche verbo visuali (poesia visiva, mail art, ecc.); medical humanities e cambiamento della cultura organizzativa nei contesti lavorativi dediti alla cura; disciplina riflessiva e apprendimento dall’esperienza nei contesti organizzativi sanitari e socio-educativi. È l’organizzatore della rassegna biennale “Pensieri Circolari”.
Nell’ambito della formazione Lei ed il suo staff spaziate moltissimo: dai laboratori di poesia visiva alla scrittura, dai corsi rivolti al personale interno dell’ospedale di Biella fino ai grandi convegni come “Pensieri Circolari”. Partiamo da una panoramica generale di tutte queste attività e del valore che hanno?
La nostra attività formativa si sviluppa in particolare attorno al tema della medicina narrativa, che decliniamo attraverso molteplici iniziative, corsi, convegni e seminari su metodiche specifiche. Una metodica che abbiamo posto alla base dei progetti di formazione-intervento condotti negli anni è senza dubbio quella che concerne l’intervista narrativa esperienziale autobiografica, che ha dato voce a numerose categorie di pazienti (preferisco parlare di persone malate), ma anche ai professionisti della cura che operano in loro favore, consentendo a tutti questi interlocutori di narrare le loro esperienze di malattia e di cura. Questa praticaci ha consentito di attivare una forma di ascolto capace di cogliere gli aspetti più importanti del mondo di significato delle persone intervistate, di comprendere ciò che queste comunicano e può andare ad arricchire le relazioni e le esperienze di cura…
Da diversi anni operiamo attraverso la sperimentazione e l’affinamento di metodiche imperniate sul ricorso ai linguaggi creativi e artistici. Da alcuni anni proponiamo anche una serie di corsi incentrati sulla poesia e, più in generale, sul linguaggio poetico al fine di potenziare la sensibilità degli operatori sanitari e incrementare la loro capacità di ascolto, consentendo loro di comunicare con il paziente con parole che siano trasformative. La parola poetica è trasformativa perché consente alla persona che vive un’esperienza importante di malattia di ricavare degli appigli di senso e di significato per attraversare l’esperienza di malattia stessa, che è sempre dolorosa, a volte totalmente spiazzante. Il linguaggio poetico può diventare uno strumento importante nella relazione di cura, non perché una poesia sia di per sé espressione di cura, ma perché diventa, quando padroneggiata nell’ambito della relazione di cura, una competenza al servizio della relazione stessa, favorendo compliance e concordance.
Abbiamo lavorato anche su altre forme di narrazione-rappresentazione dell’esperienza differenti dalla parola, per esempio sull’uso delle immagini; penso alla fotografia, al cinema e alle altre forme espressive che rappresentano un ponte o aprono un dialogo, diverso da quello che si attua ricorrendo alla sola parola. Vorrei in particolare l’attività di narrazione digitale, con la quale abbiamo accompagnato pazienti che non avevano mai acceso un computer nella realizzazione di “digital stories”, non in chiave di mera espressione “estetica” o di marketing sociale, ma con l’obiettivo di supportare tecnicamente le persone che volevano raccontare la loro storia. Sono state loro a scegliere le immagini, le sequenze, la musica, insomma hanno “curato” la regia dei loro racconti; i protagonisti sono stati, ad esempio, pazienti affetti da Parkinson, vittime di ictus o altre patologie importanti, pazienti psichiatrici ed anche oncologici. Questi materiali narrativi sono stati raccolti nel sito www.vocieimmaginidicura.it sul quale anche altri pazienti possono riconoscersi nelle storie: questo significa innescare condivisione delle esperienze. Sullo stesso sito, che è curato dal Servizio Formazione della Asl di Biella, abbiamo anche dei libri scaricabili gratuitamente, che parlano di queste esperienze formative e i riferimenti alle diverse edizioni del convegno biennale “Pensieri Circolari”.
In questa ampia attività di formazione “Pensieri Circolari” rappresenta l’evento di maggior portata. Di cosa si tratta e come si svolge?
Negli anni ci siamo impegnati con questo importante appuntamento di livello nazionale, che è un convegno che ospita esperienze e approfondimenti metodologici a cura di colleghi provenienti da tutta Italia. Ogni edizione di Pensieri Circolari è centrata su su esperienze e temi specifici ospitando contributi provenienti da centri di ricerca e contesti di cura diversi: si crea così un appuntamento biennale dove, da una parte, si condividono metodiche attraverso numerosi laboratori e, dall’altra, i partecipanti possono sperimentare delle pratiche. “Pensieri Circolari” si svolge ogni due anni e porta a Biella fino a 500 partecipanti tra medici, infermieri, fisioterapisti, psicologi e altri professionisti della sanità. Mettiamo a loro disposizione circa 20 laboratori paralleli articolati in due giornate. Siamo partiti nel 2014 e le focalizzazioni tematiche hanno sempre rispecchiato i campi d’azione nei quali si trovava focalizzata la sperimentazione e gli approfondimenti in corso da parte del team. L’ultimo convegno del 2023 è stato incentrato sulla poesia perché è la pratica sulla quale negli ultimi anni ci siamo concentrati maggiormente.
Ciò che vi distingue è soprattutto il vostro modo di fare formazione, direttamente connesso alla pratica clinica perché lavorate a stretto contatto con i pazienti; che valore aggiunto ha questo approccio?
Con i pazienti diventiamo “educatori” mentre con i professionisti della sanità siamo “formatori”. Abbiamo lavorato di recente con pazienti affetti dalla malattia di Huntington (una patologia neurologica grave, ndr) e con i loro caregiver in un lungo percorso che li ha condotti a raccontare la loro esperienza attraverso le interviste narrative, ma anche con una produzione poetica che ha permesso loro di esprimere gli stati d’animo che stavano vivendo. In questo caso è stato usato anche il metodo “Photovoice”. Il progetto ha visto l’impiego di tante e diverse forme creative (dal ricorso alle micro-narrazioni, alle forme poetiche quali gli haiku, i petit-onze, ecc.) che hanno dato, ancora una volta, un valore aggiunto al percorso di conoscenza personale e alla relazione di cura. Abbiamo inoltre lavorato in favore della Rete Oncologica del Piemonte e all’interno dell’area oncologica dell’ospedale di Biella attraverso delle brevi videointerviste, che hanno aperto finestre sulle esperienze di malattia oncologica, sul vissuto dei pazienti. Inoltre è stato realizzato un web-documentario ovvero una sorta di sito in cui il fruitore può navigare attivamente e prendere visione progressivamente dei contenuti. Questo percorso è durato un anno e mezzo e ha coinvolto sia gli operatori sia i pazienti. Per questi ultimi la partecipazione al progetto ha rappresentato un’ulteriore occasione di cura perché hanno potuto raccontare la loro storia dal loro punto di vista ed hanno avuto ampia libertà di poter esprimere i loro sentimenti. Sul fronte dei professionisti è diventata un’occasione formativa perché loro stessi sono stati intervistati ed hanno potuto ricomporre l’esperienza di cura in un contesto di ascolto e riflessione ove è stato possibile condividere aspetti essenziali della pratica professionale: i valori a fondamento del loro impegno, ma anche la fatica insita nel lavoro di cura.
Vorrei poi citare il progetto sulla poesia visiva e sulla mail art o arte postale, una forma artistico espressiva fondata su rappresentazioni visive e polimateriche su temi specifici che vengono, appunto, spedite attraverso il mezzo postale e condivise in vario modo dai loro autori. Nel progetto da noi condotto si è trattato è stato proposto, tramite una call pubblica postata nella rete, di raccontare il significato della cura ed è stato un percorso di grande successo, tramite il quale abbiamo raccolto oltre 2200 cartoline da 34 paesi nel mondo.
Avete aderito a “Cultura è Salute”. Come valuta questo network e le finalità che persegue? Che tipo di percorso comune si può inoltre ipotizzare per il prossimo futuro?
Siamo molto contenti di questa connessione con voi perché ci riconosciamo molto nella vostra visione della relazione di cura. Siamo fermamente convinti che la “cultura” abbia a che fare con la “cura”, ma spesso questo legame si perde di vista; le due parole non solo sono intrecciate a livello etimologico, ma anche da un punto di vista pratico. La cultura, quando diventa espressione artistica, è veicolo di mondi di significato. Attraverso l’arte entriamo in contatto con diverse esperienze di vita e possiamo approfondire meglio le esperienze problematiche, di disagio, di sofferenza, di malattia; possiamo altresì sviluppare competenze utili per affrontarle. Attraverso le diverse forme artistiche, quando si è adeguatamente accompagnati e formati, si creano competenze che attivano il famoso binomio “cultura uguale cura”. Nel mondo della cura bisogna uscire dal pensiero unico e standardizzato, Occorre andare incontro all’unicità delle singole persone e di ogni relazione di cura che si presenta ogni volta come “unica” ed allora dobbiamo recuperare proprio l’unicità, il pensiero idiografico capace di esprimere l’animo delle persone che abbiamo di fronte. La cultura, se colta come l’opportunità di entrare in dialogo con stimoli creativi, è un valore aggiunto. Voi di “Cultura è Salute” non solo trattate questi temi, ma siete dei connettori, intrecciate rapporti e stimolate un costante scambio di esperienze. Per questo in futuro ci piacerebbe aggiornarci reciprocamente sulle nostre e vostre attività, cooperare attivamente su temi “caldi” per entrare in relazione, trovare connessioni o partnership, anche per il prossimo convegno di “Pensieri circolari”. Sulla formazione sarebbe infine interessante collaborare nelle reciproche realtà per uno scambio di esperienze.