22 Febbraio 2024
È venuto di recente alla nostra osservazione un giovane trentacinquenne, che da qualche mese aveva constatato nella parte centrale del dorso della lingua la comparsa di una zona discromica, il cui unico sintomo, a parte l’evidenza obiettiva, era quello di percepire una modesta sensazione di bruciore o pizzicore, specie con i cibi speziati e i liquidi gasati, in assenza di alterazioni del sapore o del gusto in generale.
Autonomamente e senza consultare il suo medico curante si era rivolto al suo farmacista, che gli aveva suggerito di fare gargarismi mattina e sera, lontano dai pasti, con un prodotto da questi consigliato. Il paziente seguì questa terapia per circa un mese, ma non vedendo nessun miglioramento, anzi – da quello che riferisce – riscontrando che l’obiettività si era accentuata e la sintomatologia fastidiosa del pizzicore non era scomparsa, decise di consultare uno specialista.
Ed ecco la visita nel nostro ambulatorio.
All’esame obiettivo del cavo orale, alla sola apertura della bocca, balzava subito evidente agli occhi la presenza nella parte centrale del terzo medio del dorso della lingua, soprattutto quando questa veniva protrusa all’esterno, una zona di colore rosso scarlatto nel contesto del normale colore della lingua con i margini per lo più netti e di forma ovale, con diametro orizzontale di 2 cm e con asse postero-anteriore di 2,5 cm. Al centro il suo solco mediano presentava piccole fessurazioni non ulcerate, ma che al tatto creavano dolore. Il restante E.O. del cavo oro-faringeo risultava negativo, come pure negativa risultava, alla palpazione delle regioni latero-cervicali e di quelle sottomandibolari, la presenza di linfoadenopatie.
Sulle prime pensammo a qualcuna delle varie anomalie di colorazione della lingua, secondarie ad altre patologie, come ad esempio “la lingua a carta geografica”, “la lingua magenta” nei deficit di Vit. B12, “la lingua rosso-fragola” come nella Malattia di Kawasaki o “la lingua rossa liscia” presente nei casi di infiammazione generale della lingua stessa (glossite) o per carenza di niacina. Ma nel nostro caso eravamo più tentati a inquadrarla quale espressione simile alla “Glossite di Hunter”, che frequentemente si evidenzia proprio con queste anomalie di colorazioni linguali.
Sottoponemmo allora il paziente a un’accurata anamnesi, chiedendogli in particolare se avesse mai avuto patologie, specie della sfera ematologica, o disturbi gastrici, magari riconducibili a sue particolari abitudini alimentari che ne avessero limitato una normale assunzione del ferro, o se avesse mai sofferto o se soffriva di reflusso gastro-esofageo, specie nelle ore notturne. Ma nulla emerse in questi ambiti. A completamento dell’anamnesi la domanda quasi di routine: “Lei fuma?”. La risposta fu positiva con la precisazione che non si trattava di fumo di sigarette, ma della sigaretta elettronica (detta anche e-cig), abitudine presa col “nobile intento” di smettere di fumare. Seguì così il controllo della sigaretta elettronica, che il paziente ci volle far vedere anche nel suo utilizzo.
E fu così che, avendo osservato la particolare conformazione della stessa, con un lungo bocchino, chiedemmo al paziente di ripetere il gesto di infilare la sigaretta in bocca come per fumare. E il gesto ci permise di notare che proprio la parte estrema del bocchino si adagiava sulla parte di lingua sede della discromia. Ciò ci indusse ad una riflessione – probabilmente solo ipotetica – che quella superficie, oltre ad essere “grattata” dal bocchino, poteva essere colpita – per non dire traumatizzata – in maniera più diretta dal fumo ispirato, fumo che era il risultato della vaporizzazione del liquido contenuto nelle cartucce.
Il liquido vaporizzato è una miscela di sostanze costituite per lo più da acqua, glicole propilenico, glicerolo e, ma non sempre, da una modesta percentuale di nicotina, che in Italia (vedere il Decreto Legislativo in merito del 12/01/2016 n. 6, art. 21) non deve superare i 20 mg.
Dunque, contenuto di sostanze chimiche vaporizzate a parte, la nostra attenzione si fissò sul calore del fumo che nella sigaretta elettronica veniva prodotto durante la vaporizzazione. Da quanto emerge dalla normativa vigente, le e-cig hanno un sistema di vaporizzazione delle sostanze contenute nelle cartucce, che produce calore proprio per vaporizzare. Questo calore però non dovrebbe essere eccessivo o quanto meno non dovrebbe dar fastidio all’utente, al quale invece è stato consigliato di essere prudente e di non svapare velocemente, piuttosto che verificare il funzionamento dello strumento.
E alla domanda rivolta al paziente circa la temperatura da lui percepita mentre fumava, questi ci rispose che spesso il fumo era caldo, non così tanto da arrecargli fastidio, ma comunque superiore alla temperatura del fumo della sigaretta tradizionale.
Dunque, ciò acquisito, non poteva essere improbabile la deduzione che quella alterazione del corpo della lingua potesse essere stata causata proprio dall’uso della e-cig, soprattutto per il fatto che il paziente, assiduo fumatore, fintanto che fece uso delle tradizionali sigarette, non aveva mai costatato sulla lingua nessun problema.
Alla fine della visita medica ovviamente gli venne consigliato di essere parsimonioso nel fumare e di monitorare con seria attenzione ogni modesta variazione della lingua o altri sintomi anomali repentini ad essa connessi e di farne subito compartecipe il medico.
Da parte nostra c’è stata e ci sarà la curiosità di vedere nel tempo l’evoluzione della particolare obiettività della lingua, tenendola nella giusta attenzione, cosicché potremmo essere pronti ad intervenire tempestivamente se le circostanze lo dovessero richiedere.
Gian Piero Sbaraglia è Medico Chirurgo specializzato in Otorinolaringoiatria, già Primario Otorinolaringoiatra, C.T.U. del Tribunale Civ. e Pen. di Roma, Direttore Sanitario e Scientifico Centro di Formazione, BLSD - PBLSD - Accreditato ARES 118 - Lazio e IRC - Misericordia di Roma Centro.