18 Settembre 2024
Ci scrive un medico con la passione per la scrittura, che condivide con la redazione ed i colleghi medici la sua storia personale e professionale.
La tua storia*
La mia storia si potrebbe riassumere in poche parole: liceo, scelta di iscriversi a Medicina, laurea, specialità. Poi lavoro. Poi matrimonio. Poi divorzio. Poi ancora lavoro. Poi Cristina.
Che poi, a ben vedere, è la storia non solo mia, ma di tanti e tanti di noi che, scelta la Facoltà col medievalesco intento d’esser “Cavalieri della Sanità” e partire alla salvezza corporale del mondo, dopo poco più di trent’anni di vita medica ci si ritrova a chiedersi come abbiano fatto, tutti questi anni, a volatilizzarsi giorno dopo giorno.
Soprattutto, dove essi (cioè, gli anni) siano materialmente finiti nel gorgo delle mille cose da fare ogni santo giorno, per cercare di far star meglio quella fetta di popolazione presa dai mali fisici e psicologici davanti ai quali il medico, a volte, diventa meglio di un confessore.
Saranno pure pensieri alla rinfusa (o meglio dire “alla confusa”?), di certo costruiti a forza e, men che meno, buttàti lì, tanto per fare/dire/scrivere qualcosa di non troppo serio e che possa attirare l’attenzione di un qualsiasi lettore – che pure si sarà ammalato una volta nella vita e avrà (forse) fatto ricorso ad una qualsiasi terapia, oltre alla buona lettura delle pagine di un libro per farsi compagnia quando la febbre non scende e la pancia brontola per la fame o per il virus, divenuto padrone della scena in quel preciso istante.
Tra i tanti, due ricordi che mi tornano alla mente:
1) la chiamata dal Teatro alla Scala, nel settembre di circa trenta anni fa, per chiedere disponibilità a coprire i turni degli spettacoli in programma (cosa che comportò, al tempo, salti di gioia indefinibili e firma del contratto nel giro di pochissimi giorni, episodio di cui magari avrò modo di raccontare);
2) la conoscenza con la mia attuale innamorata poco più di otto anni fa, la quale, chiedendomi da buona cittadina svizzera DOC che lavoro io facessi e avendo saputo ch’ero medico, mi guardò meravigliata chiedendomi: “Ma sei un medico vero?” (altro episodio che, se passerò questa prova di storia della mia vita, avrò modo di raccontare anch’esso nel dettaglio), cosa della quale tuttora ridiamo io e lei in abbondanza.
Per ora, basta sapere che, a trent’anni dalla mia laurea, sono ancora saldamente al mio posto, sebbene le avvisaglie della stanchezza comincino a farsi sempre più strada, insieme alla voglia di un riposo pensionistico – un po’ come i cartelloni dell’Autosole che annunciano, a migliaia di chilometri e mentre ti ritrovi ancora a Napoli, che ce ne sono, ancora in attesa, ottocento all’incirca, prima ancora di arrivare all’agognata meta (ovvero, arrivo al traguardo di casa e del compimento del mio dovere lavorativo).