Medico-Paziente

Empatia e condivisione: il rapporto medico di famiglia e paziente
di GIAMPIETRO ANDRISANI

18 Settembre 2024

“Due mani che cercano due mani che cercano una grande verità e, quando la trovano, allora capisci la grandezza della nostra professione”.

Erano le considerazioni fatte dal grande chirurgo Gallone mentre osservava uno studente di medicina che visitava in maniera egregia un paziente; il professore diceva anche altre frasi tipo “le utili mani strappate alla vanga” quando vedeva l’opposto del 1° medico. Er giovane a quel tempo e non vedevo l’ora di conoscere sapere, ma il corpo umano è un organismo talmente complesso che non finisci mai di imparare. Un’altra bellissima frase che ho ascoltato, da appena laureato, pronunciata dal grande Claudio Cricelli era “Il medico di famiglia è il confessore laico del paziente“.

Ho deciso di fare questa professione e di laurearmi in medicina per fare il medico di famiglia perché mi permetteva di curare i pazienti come persone all’interno di quello che è l’equilibrio bio-psico-fisico e con quella asetticità che solo i medici di famiglia possono avere dal punto di vista bio-psico sociale. Noi ancora oggi curiamo la persona, i colleghi ospedalieri curano la malattia. Il rapporto con tutte le persone sia ricche che povere sia italiane che (ultimamente) straniere di tutti i paesi del mondo ti fanno capire il privilegio che si ha ad essere medici di famiglia!

Un grande amministratore pubblico, poi diventato giudice, diceva che il paziente è di proprietà del medico di famiglia ed aveva ragione perché anche il medico di famiglia è proprietà dei pazienti. Un’ultima frase che intendo riportare tra i miei ricordi è quella di un collega, padre di un mio amico, che mi fece una domanda: “Giampiero, sai la differenza che c’è tra uno specialista ed un medico di medicina generale?”. Io mi lambiccavo per la risposta ed allora il Dottor Renzo mi disse: “Gli specialisti sanno tutto di niente ed i medici di famiglia niente di tutto”.

La risposta del collega mi ha fatto riflettere per tanti anni, ma poi mi ha fatto capire in quel non sapere niente da parte di entrambi perché, per quanto presuntuosi, non conosceremo mai la verità. Ma la piccola differenza era che noi, sapendo niente di tutto, conoscevamo come i nostri pazienti passavano la loro giornata lavorativa o come la loro famiglia si accresceva. Vedevamo i loro figli crescere ed i figli dei loro figli nascere e crescere per generazioni e generazioni.

Quale professione più grande c’è di quella del medico che ogni giorno lenisce le sofferenze dei suoi pazienti come Madre Teresa? Ecco perché il Papa emerito ha affermato che nessuna persona è più vicino al signore come i medici che si adoperano ogni giorno per far vivere alle persone una vita meno brutta di quello che è. Ho aperto 5 congressi nazionali della Fimmg come segretario della Fimmg sarda ed ogni anno portavo di fronte a migliaia di colleghi i problemi sociali e sanitari che ci affliggevano; ogni volta i grandi della medicina generale si complimentavano con me perché con le mie parole avevo trasmesso un minimo di valore umano.