18 Settembre 2024
Il marinaio è portato a gloriarsi delle sue epiche imprese.
No, la mia storia di marinaio velista è costellata di fallimenti e di naufragi.
Due fallimenti, naufragi tre.
Il primo fallimento l’ho subito come uomo ed è avvenuto con la mia mancata carriera religiosa, dopo esservi stato preparato per lunghi anni in una rigorosa scuola di gesuiti. Sono stato bocciato all’esame di vocazione: non dovevo sbarrare la strada a quello che sarebbe stato il primo papa gesuita, papa Francesco.
Il secondo, ma il più grande fallimento come velista, è stato quello di aver mancato il programmato giro del mondo a vela. Dopo averlo sognato per tutta la vita, sacrificavo, per coronarlo, la mia carriera professionale con un pensionamento anticipato, ma, una volta attraversato l’oceano (il primo), invece di proseguire, tornavo vigliaccamente in aereo dai caraibi.
Veniamo ora ai tre naufragi.
Il primo naufragio è comune a tutti noi uomini. È quello avvenuto alla nascita.
L’uomo, è un Pesce fuor d’acqua. Dovrei ricordare la fiaba del pesce audace, un pesce che dall’acqua divenne un pesce di terra e d’aria. Prima c’era solo il mare. Poi arriva la terra che emerge quando il mare si ritira, in minima parte (per 20/30%). Dovrei anche ricordare, in proposito, quanto scritto sulla creazione del mondo dalla Bibbia nella Genesi e nella vicenda del diluvio di Noè. Tutto questo per quanto riguarda il rapporto più generale tra il mare e la terra.
Ma torniamo in particolare alla vicenda tra il pesce e l’uomo.
La vita nasce dal mare, anche l’uomo nasce dal mare come pesce e diventa uomo quando viene spiaggiato sulla terra. Il primo trauma è il suo naufragio avvenuto alla nascita. Nasce come naufrago sulla terra. È il primo pesce che sopravvive, seppure spiaggiato, sulla terra. Nato e vissuto per nove mese nel mare della mamma, con “la rottura delle acque”, acquista l’autonomia sulla terra, trasformandosi da pesce a mammifero. Scacciato dal paradiso terrestre (la pancia della mamma) sognerà sempre un ritorno all’acqua. Non essendo più un pesce non saprà più vivere nell’acqua e nemmeno sull’acqua. Avrà bisogno di imparare a nuotare e di una barca per galleggiarvi e muoversi in un ambiente che non è più il suo. Ecco che ricompare l’uomo marinaio che solca i mari perché ha il mare dentro di sé, per un richiamo atavico a quello che era il suo elemento prima della nascita. Sognerà un ritorno al grembo materno, la grand mer in francese, il gran mare, l’oceano, in italiano. Per inciso ricordiamo la storia dei cetacei, (i delfini ma non solo). Il loro è stato un percorso inverso al nostro, quello del mammifero uomo. Prima erano mammiferi terrestri poi sono diventati mammiferi marini.
Il secondo naufragio, quello personale e reale, è avvenuto di notte nelle gelide acque dell’Adige, in tenera età: fui salvato con le reti di un pescatore. Un trauma infantile che sarà alla base della mia passione velica, una rivincita sulla mia infantile e più ancestrale paura, quella dell’acqua.
Il terzo naufragio è stato quello della mia prima barca, un naufragio avvenuto non in alto mare per i marosi in burrasca, ma per un autoaffondamento nel suo porto di armamento, Il più inglorioso dei naufragi.