14 Aprile 2022
Due medici, entrambi affetti da sclerosi multipla, inviano questo contributo a “La voce dei medici” per condividere con i colleghi e non solo il loro percorso professionale, ma anche personale di convivenza con questa patologia.
La Sclerosi Multipla è una malattia infiammatoria cronica del Sistema Nervoso Centrale che colpisce più di 2,5 milioni di persone in tutto il mondo. La SM comporta un onere economico di miliardi di dollari all’anno in cure mediche e spese indirette. Nonostante la disponibilità di numerosi farmaci immunomodulatori, le attuali modalità di trattamento non sono ottimali e hanno sostanziali effetti indesiderati. Pur sapendo bene che è necessario scoprire e sviluppare nuove opzioni terapeutiche per i pazienti con SM al fine di ridurre gli effetti avversi e migliorare la qualità di vita del paziente, non si focalizza la cura risolutiva. Perché? Perché la SM é una malattia cronica e con una evoluzione lunga e in questo suo decorso cambia. Nonostante le prove scientifiche di cambiamento, i trattamenti disponibili continuano a trascurare l’evoluzione dalla demielinizzazione alla sinaptopatia e dalla sinaptopatia alla neurodegenerazione.
DEMIELINIZZAZIONE. Dizionario: Processo patologico che interessa le guaine mieliniche delle fibre nervose. La mielina avvolge a manicotto gli assoni. La malattia porta alla sua scomparsa e alla proliferazione reattiva di cellule della nevroglia.
SINAPTOPATIA. Dizionario: Disfunzione delle sinapsi.
NEURODEGENERATIVO. Dizionario: Si dice di malattia caratterizzata da un deterioramento anatomico e funzionale del Sistema Nervoso. Deterioramento anatomico e funzionale del sistema nervoso. Non si dovrebbe trascurare.
Inizieremo il nostro articolo citandone un altro, pubblicato nel lontano 2001 sul giornale Nature col nome Sclerosi Multipla: una malattia a due stadi. “La patogenesi della Sclerosi Multipla consiste in una fase infiammatoria e in una fase neurodegenerativa.” scrive Lawrence Steinman, Dipartimento di Neurologia e Scienze Neurologiche, Stanford University School of Medicine, Stanford, 94305, CA, USA.
La prima descrizione completa, clinica e patologica, della SM è un’opera di Jean Martin Charcot, neuropsichiatra all’ospedale della Salpêtrière di Parigi. Il professore osserva e descrive tramite autopsia, le molteplici cicatrici grigie, ovvero le “placche”, presenti nel cervello e nel midollo spinale della sua domestica. Diede il nome della malattia, Sclerosi a Placche. Era 1868. Ora, 154 anni dopo, ci sono nuove scoperte. Sì, non abbiamo capito tutto, ma una cosa nuova è certa: la patogenesi della Sclerosi Multipla si compone di una prima fase infiammatoria e di una seconda fase neurodegenerativa (Citazione: Steinman L. Sclerosi multipla: una malattia a due stadi).
In altre parole, all’inizio c’è solo la perdita della glicoproteina degli oligodendrociti mielinici (lo strato attorno agli assoni dei neuroni) e la trasmissione degli impulsi nervosi rallenta.
Immaginate un bambino che sta ancora imparando a camminare. La sua risposta agli stimoli è lenta e scoordinata e questo perché i suoi assoni- le sue fibre neurali- non hanno mielina. Nella malattia – SM – il processo è inverso: il paziente é nell’età adulta e la sua mielina – già esistente – inizia a scomparire. Non sappiamo perché. Tuttavia, è noto che il danno assonale – la neurodegenerazione – si verifica molto più tardi. Un bambino che sta ancora imparando a camminare non ha mielina, ma i suoi assoni sono perfetti! E il bambino impara a camminare, sebbene nell’infanzia il processo di mielinizzazione sia ancora parziale: in alcune zone della corteccia infatti, termina solo alla fine dell’adolescenza. Incredibile: siamo andati a scuola con la mielina, che non era ancora pronta al 100%!
L’adulto, che manifesta il fenomeno della demielinizzazione, come presentato al congresso del “The European Committee for Treatment and Research in Multiple Sclerosis (ECTRIMS)” Ottobre 2021, rischia la neurodegenerazione. Questa è una scoperta importante e poiché la SM è una malattia a due stadi, ci auguriamo che possa essere “fermata” prima del secondo, così da evitare la progressiva perdita strutturale e funzionale dei neuroni (morte neuronali) e quindi la neurodegenerazione.
Se potesse essere fermata nella prima fase, la malattia rimarrebbe nella cosiddetta “Forma benigna“: la SM c’é, ma solo sotto forma di demielinizzazione, senza perdita di sinapsi e senza atrofia del cervello. Nel modo in cui la SM fu descritta dal Prof. Charcot. Le placche restano.
Ecco cosa c’é di nuovo nel nostro studio: introduciamo un’altra fase Prima che si verifichi la neurodegenerazione, si evidenzia un’altra complicazione: il fenomeno della sinaptopatia (disfunzione delle sinapsi). Quindi, in pratica, la SM è da noi considerata una malattia a tre stadi: Demielinizzazione, Sinaptopatia e Neurodegenerazione. La terza fase dipende interamente dalla seconda e la seconda è una conseguenza della prima. Non possiamo ripristinare la mielina, ma possiamo salvare l’assone. Possiamo evitare la comparsa dei “buchi neri” visibili nella risonanza magnetica pesata in T1, segno di perdita permanente di neuroni, morte di cellule del Sistema Nervoso, conseguenza della progressione della malattia e causa dell’atrofia cerebrale. Questo è buon obiettivo: evitare che la malattia progredisca alla seconda e terza fase. Forse ci riusciamo. Non stiamo cercando di curare la sinaptopatia: basterebbe prevenirla. Prevenzione. È il provvedimento fondamentale della Medicina moderna. È l’adozione di una serie di provvedimenti per cautelarsi dal danno irreversibile. Adeguato e possibile. Posso fare molti esempi, soprattutto con l’AIDS, una malattia per la quale non esiste una cura. Tuttavia, c’è protezione. Ed è più facile leggere cosa c’è scritto (per legge) su ogni pacchetto di sigarette. Secondo l’Enciclopedia Italiana di Scienze Treccani prevenzione significa: Adozione di una serie di provvedimenti per cautelarsi da un male futuro, e quindi l’azione o il complesso di azioni intese a raggiungere questo scopo. Lo scopo in questo caso è prevenire la degenerazione assonale. Purtroppo i meccanismi molecolari che contribuiscono a questo danno sono poco conosciuti. Secondo lo studio condotto e pubblicato nel 2015 dal Prof. Centonze D., Dipartimento di Medicina dei Sistemi, Università Tor Vergata, Roma; e IRCCS Istituto Neurologico Mediterraneo (INM) Neuromed, Pozzilli (Is) – Italia “Molteplici meccanismi sono stati chiamati in causa per giustificare i fenomeni degenerativi in corso nella SM e tra questi vale la pena citare il danno direttamente determinato dalle cellule immuni in maniera antigene-indipendente, lo stress ossidativo, la disfunzione mitocondriale con conseguente deficit energetico, le canalopatie ioniche neuronali acquisite, l’alterata attività dello scambiatore sodio/calcio, l’accumulo intraneuronale di calcio e il fondamentale ruolo dell’eccitotossicità glutammato-mediata. Un importante anello di congiunzione tra i due processi patogenetici potrebbe essere rappresentato dal ruolo delle citochine e, più nel dettaglio, dalla disfunzione sinaptica da queste determinata”.
Citochine. Piccole molecole di natura proteica, capaci di legarsi a specifici recettori posti sulla membrana e deputate a fornire istruzioni precise alle cellule. Per questo loro ruolo, vengono definite “parole molecolari”. La famiglia dei fattori di crescita trasformante (TGFβ) controlla un numero immenso di risposte cellulari e ha un ruolo di primo piano nello sviluppo e nell’omeostasi della maggior parte dei tessuti umani. I TGF-β sono fattori neuroprotettivi e organizzatori di risposte alle lesioni e come tali potrebbero avere un ruolo nelle malattie neurodegenerative. I Transforming Growth Factor-βs (TGF-β) sono un gruppo di proteine multifunzionali i cui siti di produzione e azione cellulare sono ampiamente distribuiti in tutto il corpo, compreso il sistema nervoso centrale (SNC). All’interno del SNC, varie isoforme di TGF-β sono prodotte sia dalle cellule gliali che da quelle neurali. Quando valutate in colture cellulari o in modelli in vivo, è stato dimostrato che le varie isoforme di TGF-β hanno potenti effetti sulla proliferazione, funzione o sopravvivenza di entrambi i neuroni e dei tre tipi di cellule gliali (astrociti, microglia e oligodendrociti). È stato anche dimostrato che il TGF-β svolge un ruolo in diverse forme di patologia acuta del SNC tra cui ischemia, eccitotossicità e diverse forme di malattie neurodegenerative tra cui sclerosi multipla, morbo di Parkinson, demenza da AIDS e morbo di Alzheimer. Poiché la degenerazione neuronale è una caratteristica distintiva delle malattie degenerative del SNC, il TGF-β può essere importante perché può influenzare la sopravvivenza neuronale. Il TGF-β in vitro promuove la sopravvivenza dei motoneuroni del midollo spinale di ratto e dei neuroni dopaminergici. Quindi, il TGF-β è un potente agente neuroprotettivo. La somma dei dati raccolti suggerirebbe che il miglioramento della segnalazione del TGF-β nelle cellule T dei pazienti con SM sarebbe vantaggioso. La segnalazione del TGF-β gioca un ruolo vitale in altre cellule e tessuti: in particolare nell’intestino, in cui l’espressione del TGF-β è abbondante e in cui l’interazione con il microbiota è determinante per lo stato del nostro sistema immunitario.
Paradossalmente, il TGF-beta1 agisce anche come citochina proinfiammatoria e induce sinergicamente l’azione delle cellule T helper (cellule Th IL-17) che producono l’interleuchina 17 durante la risposta infiammatoria. È stato dimostrato che la produzione di TGF-b1 endogeno è uno dei fattori coinvolti nella protezione contro la sclerosi multipla.
Oggi è accettato e dimostrato che, quando la neuroinfiammazione non è controllata tempestivamente e in modo radicale, essa evolve in neurodegenerazione. È la neuroinfiammazione, a propria volta indotta da un danno tissutale sistemico ma, più spesso, da un danno diretto a carico del SNC, ad avviare la progressione della Malattia di Alzheimer-Perusini, del Morbo di Parkinson, della Sclerosi Laterale Amiotrofica, della Sclerosi Multipla e di altre malattie neurodegenerative rare, ma non per questo meno devastanti. Tutte queste gravi malattie hanno un comune denominatore capostipite: sono caratterizzate dalla up-regulation (aumento dell’attività) in senso neurotossico della microglia e della astroglia.
La risposta infiammatoria è mediata dalla microglia, ovvero dalle cellule immunitarie residenti nel sistema nervoso centrale. In condizioni stazionarie, la microglia viene mantenuta in uno stato di “riposo”. Nelle condizioni ordinarie di stato stabile, la microglia contribuisce in modo significativo al mantenimento dell’omeostasi, producendo citochine anti-infiammatorie e fattori neurotrofici, supportando la produzione di mielina, rimuovendo le sinapsi danneggiate o inattivate e i detriti cellulari. In caso di stimolazione le cellule della microglia, vanno incontro al fenomeno detto di “attivazione”. La cronicizzazione dell’attività della microglia rilascia citochine infiammatorie, come il fattore di necrosi tumorale α (TNF-α), IL-6 e IL-1β e le eccitotossine (incluso il glutammato). Attraverso il rilascio di tali molecole, la microglia inizia ad esercitare effetti sia dannosi che protettivi in base alle caratteristiche del microambiente circostante.
Tra le funzioni neuroprotettive, la microglia presenta la capacità di eliminare le cellule apoptotiche e di rilasciare fattori neurotrofici e ormoni della crescita nello spazio extracellulare (Hinks e Franklin, 1999). Anche questa volta, come nel caso del Transforming Growth Factor-βs (TGF-β), abbiamo sia effetti neuroprotettivi che esiti degenerativi. Da cosa dipende? Dal microambiente? Potrebbe essere. Oppure potrebbe trattarsi di una reazione inadeguata della microglia, cioè di una microglia malata. È noto che la microglia svolge un ruolo fondamentale nel mantenimento dell’omeostasi cerebrale e per tale motivo serve la microglia in condizione di OMEOSTASI. Occorre MICROGLIA SANA. Numerose evidenze supportano il fatto che una quantità eccessiva di fattori pro-infiammatori rilasciati dalla microglia attivata, diventa dannosa per i neuroni. Le cellule immunitarie innate residenti nel SNC (microglia), forniscono la prima linea di difesa ogni volta che si verificano lesioni o malattie. Possono percepire un’ampia gamma di stimoli che interrompono l’omeostasi fisiologica, inclusi traumi del SNC, ischemia, infezione, insulto tossico e danno autoimmune.
Quindi, per prevenire la neurodegenerazione, la seconda fase della SM, dobbiamo conservare l’omeostasi della microglia. Almeno dobbiamo tentare.
Lo studio che vi stiamo presentando è basato sulla nostra esperienza personale e sullo studio di ricerche effettuate da scienziati di tutto il mondo.
Per esempio questo:
Mirare a microglia e macrofagi: una potenziale strategia di trattamento per la sclerosi multipla
e questo:
Neurotossicità da microglia: meccanismi e potenziale strategia terapeutica
Ha colpito la nostra attenzione leggere “Effetti protettivi della nicergolina contro la morte cellulare neuronale indotta da microglia e astrociti attivati”, scritto da Tetsuya Mizuno, Reiko Kuno, Atsumi Nitta, Toshitaka Nabeshima, Guiqin Zhang, Jun Kawanokuchi, Jinyan Wang, Shijie Jin, Hideyuki Takeuchi, Akio Suzumura. Lo studio fa parte del National Center for Biotechnology Information dal 2005.
Numerosi dati indicano che la nicergolina svolge un’azione neuroprotettiva mediata dalla sua attività antiossidante. Tali funzioni danno supporto al potenziale utilizzo della nicergolina nella prevenzione e nella cura delle malattie neurodegenerative. Ciascuna popolazione di cellule non neuronali del SNC adulto è specializzata e corrobora la funzione neuronale: gli astrociti mantengono l’omeostasi ionica e dei neurotrasmettitori, perfezionano le connessioni sinaptiche e forniscono substrati metabolici neuronali; la microglia controlla gli elementi e le reti sinaptiche e interviene in vado di disomeostasi modulando l’attività neuronale; gli oligodendrociti provvedono alla formazione delle guaine mieliniche, che proteggono e nutrono i segmenti neuritici. La microglia e gli astrociti (il più grande gruppo di cellule gliali) rispondono al danno neuronale con programmi che includono la proliferazione, le alterazioni morfologiche, la produzione di mediatori e la fagocitosi di cellule e di elementi subcellulari. Questi cambiamenti rappresentano la risposta del tessuto del SNC al danno o alla degenerazione. Gli astrociti sono altamente coinvolti nel mantenimento e nella protezione del microambiente del SNC sia in condizioni fisiologiche che in caso di limitazioni fisiopatologiche. Il danno cerebrale può iniziare con un’alterazione meccanica delle cellule come accade nel trauma cranico o nelle malattie neurodegenerative. Sebbene la causa del danno sia diversa, le conseguenze sono simili: squilibrio di nutrienti e di ioni extracellulari e rilascio eccessivo di neurotrasmettitori eccitatori. Gli astrociti sono attivi in entrambi i casi e anche nella conservazione della fisiologia cerebrale. Svolgono un ruolo importante nel ciclo metabolico del GABA e del glutammato. Per funzionare normalmente, la rete neuronale richiede che questi trasmettitori, dopo essere stati liberati, vengano rimossi e trasportati negli astrociti dove possono convertirsi in amminoacido glutammina, che servirà successivamente per produrre altri neurotrasmettitori.
Si chiama Neuroprotezione Endogena, o meglio, “Innate Neuroprotection”, neuroprotezione innata.
Nel prossimo futuro, i ricercatori confidano nella possibilità che la conoscenza del meccanismo biologico intrinseco che porta alla neuroprotezione permetta di sviluppare farmaci che mimino gli effetti dell’amartina per contrastare i danni da ictus, oltre che prevenire l’insorgenza di altre malattie neurodegenerative: “C’è molto lavoro da fare per tradurre tutto questo nella clinica, ma ora, per la prima volta, abbiamo una strategia neuroprotettiva” – ha detto il professor Alastair Buchan, capo della divisione di Scienze Mediche e Preside della Facoltà di Medicina dell’Università di Oxford – “I nostri prossimi passi saranno verificare se riusciamo a trovare candidati farmaci. Anche se ora siamo concentrati sull’ictus, i farmaci neuroprotettivi possono interessare anche altre condizioni che vedono la morte precoce delle cellule del cervello, tra cui l’Alzheimer e la malattia dei motoneuroni”.
Gli astrociti sono in grado di proteggere sé stessi e anche i neuroni. Un’ulteriore comprensione dei meccanismi protettivi endogeni forniti dagli astrociti potrebbe portare allo sviluppo di nuove opzioni di trattamento per la protezione delle cellule sensibili, come i neuroni, in condizioni di danno acuto o di patologia.
Per noi, essenziale, indispensabile, necessario e primario è la “neuroprotezione innata”.
Neuroprotezione che esiste, che è endogena e che si potrebbe guastare (e ci potrebbe rovinare!) o che si potrebbe fortificare (e ci potrebbe riparare!).