13 Dicembre 2021
Vi proponiamo alcuni dei feedback più significativi di alcuni dei partecipanti al corso ECM di Club Medici “Arte, cultura e salute. Strumenti a confronto per le buone pratiche della cura”, che si è svolto a Nocera Umbra alla fine di novembre.
Alberto Cester – Grazie a Voi, è stata una bella esperienza, anche fuori dagli schemi convenzionali della formazione ed informazione medica. Andate avanti su questi temi… Allargare gli orizzonti culturali dei medici è certo rischioso, ma se ben fatto di grande soddisfazione anche per noi. Grazie.
Mario Antonio Del Vecchio – Sin dall’inizio del convegno si respira un’aria diversa dal solito; la sala ospita relatori e partecipanti con provenienza dal nord al sud, tutto ciò scaturisce dall’interesse del convegno organizzato dal club. Le relazioni risultano essere, fin dall’inizio, fonte di arricchimento del dibattito, che nasce spontaneamente dopo gli interventi dei relatori; ciascuno offre le proprie prospettive, basate su esperienze necessariamente diverse, ma sapendo cogliere elementi significativi di raccordo e condivisione. Infine io ritengo che il voler coinvolgere un uditorio cosi differenziato è a mio parere, il punto di forza dell’iniziativa che, con argomentazioni di alto interesse, ne ha segnato il successo.
Giuseppe Ferrario – Esperienza efficace e coerente con gli obiettivi formativi esplicitati. Quanto alle aree tematiche ritengo che il percorso che porta a valutare e raggiungere la salute debba esplicitare anche la classica via “dalla malattia alla salute ” (Scuola di Igiene di Pavia (Meloni, Checcacci, Pelissero) che comprende un percorso specifico sulla salute come progetto, obiettivo e percorso, dove salute è CULTURA. In questo percorso esiste un itinerario esplicito per chi intraprende tale viaggio, uno per chi affronta la via della riabilitazione, uno per chi vive malattie croniche o malattie specifiche. Sono vie che seguono un traguardo convergente, ma che richiedono poi di svolgere percorsi e tappe diverse da collocarsi in panorami e progetti specifici. In pratica ognuno di questi 3 percorsi (salute in genere, riabilitazione, malattia e salute) richiedono zaini e attrezzature per il viaggio verso la cultura della salute specifici e calibrati per ognuno di noi, ad evitare di esser fuorviati da segnali non corretti o poco esplicitati. Le tappe che abbiamo affrontate sono state utili, talora indispensabili, ma soggette al rischio di deviazioni verso solo uno dei 3 percorsi diversi. C’è una sostanziale sacralità nel progetto salute, cultura, qualità della vita, che va rispettata, come d’altronde quello di affrontare come oggi, in un periodo di pandemia, il momento della fine vita. Mi scuso per gli eccessi di zelo, ma ritengo utile un approfondimento nella stesura degli itinerari dalla malattia alla salute e alla cultura.
Gabriella Albieri – Reduce dall’evento ECM “Arte, Cultura, Salute” volentieri condivido qualche riflessione sull’esperienza fatta. Poiché da molti anni nella mia pratica professionale di psichiatra psicoterapeuta condivido con un gruppo di amici colleghi una riflessione sulle correlazioni tra sentimento estetico, relazione interpersonale, sviluppo della mente e salute somatopsichica, mi sono avvicinata alla proposta formativa con molte aspettative che ho sentito soddisfatte più di quanto immaginassi. Il modello proposto è stato quello esperienziale con momenti didattici di tipo frontale, offerti però da docenti molto preparati e soprattutto appassionati che, in atteggiamento paritario e di reciprocità, hanno saputo mettere a disposizione anche dei colleghi più perplessi e ingessati nel ruolo di medico (come posizione asimmetrica rispetto al paziente), le loro coinvolgenti esperienze. Prendo a prestito le parole di Italo Calvino per sintetizzare ciò che di più profondo mi sono portata via dall’incontro:
“L’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n’è uno è quello che è già qui, l’inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e che cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno e farlo durare e dargli spazio”.
(Le città invisibili)