Covid

Finte vaccinazioni per finti green pass

18 Settembre 2024


Di Marianna Rillo, ufficio legale Club Medici.

Da diversi mesi, ormai, assistiamo al dibattito che vede schierata da un lato quella minoranza che dall’inizio della pandemia, è stata, nell’ordine, negazionista, no-mask, no-lockdown, no-vax, no-dad e ora no-green pass e dall’altro una gran parte, la più numerosa del paese, che è d’accordo con le misure di contenimento della pandemia adottate.
Dell’entrata in vigore dell’obbligo del certificato verde per accedere ai luoghi di lavoro, sia pubblici che privati, numerose sono le segnalazioni pervenute circa quello che da alcuni è stato definito come “il mercato oscuro dei green pass”.
L’allarme è arrivato dal Presidente dell’Ordine dei medici e chirurghi di Padova, Domenico Crisarà il quale ha sostenuto di aver ricevuto diverse segnalazioni circa medici che hanno certificato vaccinazioni in realtà mai avvenute; i medici avrebbero finto di somministrare le dosi ad alcuni pazienti per poi fornire loro green pass fasulli.
I maggiori sospetti ricadono su medici di base e medici vaccinatori negli hub, essendo gli unici ad avere la disponibilità delle dosi di vaccino anti-Covid. Il sistema è semplice, nella misura in cui un medico in possesso della dose di vaccino potrebbe scaricarla nel lavandino anziché somministrarla al paziente e certificare l’avvenuta vaccinazione, in quanto tutti i medici certificatori accreditati, dispongono delle credenziali Inps indispensabili per accedere alla piattaforma per la registrazione della vaccinazione, per cui una volta scaricata la dose è sufficiente inserire i dati del paziente e il lotto del vaccino, e il gioco è fatto. Sulla vicenda, ora, saranno i controlli dei Nas e delle forze dell’ordine a fare chiarezza.
L’Ordine dei medici di Padova ha già sospeso 52 medici no-vax e ha annunciato duri provvedimenti disciplinari contro coloro che alimentano teorie cospirazionistiche contro la vaccinazione sui social network. Questo perché succede spesso che i medici si vaccinino per evitare l’allontanamento dal servizio, oltre che la sospensione dello stipendio, mentre poi sul web e sul posto di lavoro portino avanti la loro politica anti-vaccinista.
Pertanto numerosi Ordini dei medici hanno annunciato che intendono andare oltre il provvedimento della sospensione. L’obiettivo è quello di analizzare alcuni casi di violazione deontologica fino ad arrivare alla radiazione e ciò comporterebbe per il medico la cancellazione dall’Albo e l’impossibilità di esercitare. Se quest’ultimo continuasse comunque a praticare la sua attività, commetterebbe il reato di cui all’art. 348 del codice penale, esercizio abusivo della professione, reato punito con la reclusione da 6 mesi a 3 anni, con l’aggiunta di una multa da 10.000 euro a 50.000.
Tra le tipologie di sanzioni previste dal d.Lgs 81 del 2008, la radiazione è la più grave. Ai sensi dell’art.50 del dpr 221 del 1950 è prevista una possibilità di “ravvedimento” se dopo cinque anni dal provvedimento, il professionista dimostra di aver avuto un comportamento ineccepibile e ha ottenuto la riabilitazione (nel caso di condanna penale), e solo in questi casi il medico/odontoiatra potrà chiedere la re-iscrizione all’Albo, ma è sempre l’Ordine a valutare se concederla o meno sulla base della gravità della violazione commessa.

Questi casi del padovano, purtroppo, non sono gli unici.
In Italia diverse sono le inchieste su green pass fasulli rilasciati da medici.
A Como una dottoressa in servizio all’hub vaccinale di Lurate Caccivio è stata denunciata per aver simulato la somministrazione di vaccini anti-Covid, sempre per far si che i suoi pazienti potessero ottenere il green pass.
La dottoressa si era proposta di vaccinare un gruppo di pazienti fragili da lei seguiti, 17 persone in tutto, che arrivavano da diverse parti della Lombardia. Ottenuto il nullaosta il medico anziché iniettare i sieri nel braccio dei pazienti avrebbe svuotato il contenuto della siringa in batuffoli di cotone.
Quando la donna è stata bloccata e sostituita da un altro collega, i pazienti prenotati hanno lasciato l’hub. Il sospetto è che dietro vi fosse un’organizzazione mirata ad ottenere fraudolentemente i green pass e saranno le indagini a chiarire se il sospetto è fondato.
A Ravenna invece è stato arrestato un medico di base, che rilasciava green pass a persone che non solo non erano assistite del medico, ma nemmeno risiedevano a Ravenna o in Emilia-Romagna. L’ipotesi degli inquirenti ravennati è che un green pass falso fosse quotato circa 500 euro. Nell’ambito dell’inchiesta in questione sono stati sequestrati 79 green pass falsi a cui non sarebbero corrisposti i relativi vaccini.
Particolare è anche il caso del medico romano, che dal suo studio nel cuore della capitale, fingeva di vaccinare politici, personaggi dello spettacolo, sportivi e imprenditori. Nella lista dei pazienti del professionista indagato ci sarebbero un centinaio di persone.

Se tutto ciò sarà accertato, sarà di una gravità enorme e questi medici oltre ad essere sospesi (o addirittura radiati) saranno chiamati a rispondere in Tribunale dei reati di falso ideologico, omissione d’atti d’ufficio e peculato.

Il falso ideologico consistente nell’attestare, in un documento che non sia stato materialmente falsificato, un contenuto non corrispondente alla realtà. Il codice penale lo punisce, agli artt. 479 e seguenti, con diverse fattispecie di reato, sanzionando, in particolare:

  • il falso ideologico commesso dal pubblico ufficiale in atti pubblici;
  • il falso ideologico commesso dal pubblico ufficiale in certificati o in autorizzazioni amministrative;
  • il falso ideologico commesso da persone esercenti un servizio di pubblica necessità;
  • il falso ideologico commesso dal privato in atto pubblico.

Il codice penale, accanto al falso ideologico, contempla un’altra fattispecie di falsità: la falsità materiale. Le due ipotesi, tuttavia, vanno tenute ben distinte.
Nel caso del falso ideologico l’atto presenta un contenuto non veritiero, in quanto il suo autore afferma circostanze false (come nel caso di specie: l’avvenuta vaccinazione), anche se le firme sono vere. Insomma, non è altro che una menzogna contenuta in un documento vero, non contraffatto e non alterato. Al contrario, nel caso del falso materiale, punito dagli artt. 476 e seguenti del codice penale, abbiamo a che fare con una vera e propria alterazione della genuinità del documento, consistente in una contraffazione o in una alterazione del testo. In sostanza, l’autore del falso crea un documento a firma di un altro autore, oppure modifica un documento originale redatto da chi risulta esserne l’autore. La distinzione tra i due tipi di falsità assume rilievo soprattutto dal punto di vista della punibilità, in quanto, al contrario della falsità materiale, la falsità ideologica per essere perseguibile richiede che l’autore del falso sia venuto meno ad un obbligo giuridico di attestare o far risultare il vero.

L’art. 328 del codice penale regola, invece, i reati di rifiuto ed omissione d’atti d’ufficio, scissi in due reati distinti. Il primo comma dell’articolo regola il reato di rifiuto d’atto d’ufficio, il secondo invece si occupa di definire il reato di omissione e di regolarne le sanzioni relative.
Il rifiuto d’atto d’ufficio è un reato che si verifica se un Pubblico Ufficiale o un dipendente pubblico rifiuta in maniera diretta di esercitare una sua mansione, sia a seguito di un ordine di un proprio superiore, che a fronte di una situazione che richiede, per legge, un’immediata reazione.
L’omissione d’atto d’ufficio, invece, si configura a fronte di una mancata risposta, e non a fronte di un esplicito e diretto diniego. Questo reato è punibile con la reclusione fino ad un anno ed una multa non oltre i 1032 euro, oltre a sanzioni disciplinari.

In ultimo, il reato di peculato, artt. 314 e 316 del codice penale, è integrato dal Pubblico Ufficiale o incaricato di pubblico servizio che si appropria del bene posseduto per ragione del suo ufficio o servizio (nel caso di specie: il bene è costituito dalla dose di vaccino).
In particolare, l’art. 314 dispone che:
“Il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio, che, avendo per ragione del suo ufficio o servizio il possesso o comunque la disponibilità di danaro o di altra cosa mobile altrui, se ne appropria, è punito con la reclusione da quattro a dieci anni e sei mesi”.
L’art. 316, invece, sancisce che:
Il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio, il quale, nell’esercizio delle funzioni o del servizio, giovandosi dell’errore altrui, riceve o ritiene indebitamente, per sé o per un terzo, denaro od altra utilità, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni. Da sei mesi a quattro anni quando il fatto offende gli interessi finanziari dell’Unione europea e il danno o il profitto sono superiori a euro 100.000”.

Questo ci riporta alla memoria la vicenda esplosa nel 2016, ben lontana dalle vicissitudini dei moderni no-vax, ma l’attualità del tema riporta in auge il caso dell’assistente sanitaria trevigiana che tra il 2009 e il 2015 ha finto di vaccinare migliaia di bambini. A settembre 2019 è iniziato il processo a carico della no-vax. La Sezione giurisdizionale del Friuli Venezia Giulia della Corte dei conti ha dichiarato la responsabilità amministrativa della donna, che dovrà rispondere di falso ideologico, omissione d’atti d’ufficio e peculato. Ma è necessario precisare che solo alla conclusione dei tre gradi di giudizio si potrà avere la certezza della pena nei suoi confronti.

Questa precisazione appare doverosa a seguito di quanto accaduto nel caso di Daniela Poggiali. L’infermiera di Lugano, condannata per doppio omicidio da somministrazione letale di potassio in vena che, dopo 7 lunghi anni, è stata assolta dalla Corte di appello di Assisi, per cui scarcerata e sollevata dalle accuse, in quanto “il fatto non sussiste”.
La comunità professionale e l’opinione pubblica si dice sconvolta, ma i giudici così si sono espressi e la donna potrà presto tornare ad esercitare la sua professione.

Non resta quindi che attendere lo sviluppo dell’attività degli inquirenti e la valutazione che i giudici vorranno dare a fatti che, aldilà della loro astratta rilevanza penale, assumono anche connotazioni socio-politiche.