7 Dicembre 2021
“Getta colore nel cielo e raccogli l’arcobaleno o pigmenti di pioggia o frammenti di luce”.
Intervista al Presidente Danilo Salvucci.
Come nasce Pentacromo e di cosa si occupa? Quali attività portate avanti?
Pentacromo nasce nel 2006 da un’idea di artisti, ex compagni di liceo artistico che, accomunati dalla stessa passione, mossi dalla necessità di un confronto e dalla voglia di sperimentare un percorso solidale, decidono di mettere insieme idee e progetti con il proposito di dare forma e realizzazione ad una sintesi delle loro singole sensibilità, quasi a cercare la soluzione unica, quella più bella, più magica, ma anche più laboriosa, dell’Arte ideale. Una specie di traguardo utopico irraggiungibile, che avrebbe però favorito la crescita artistica (e forse umana) dei 5 componenti dell’associazione. Io sono arrivato più tardi, accolto come un vecchio amico, benché più grande e con una formazione professionale diversa. Oggi l’associazione, di cui sono presidente, si occupa di promuovere l’arte e la cultura, interagendo con il mondo circostante, aprendo le porte soprattutto a coloro che non trovano voce o che hanno difficoltà a manifestare le proprie inclinazioni e le proprie attitudini. Cerchiamo collaborazioni tra i professionisti di ogni genere artistico e culturale (musica, poesia, scrittura, arte), ma ci rivolgiamo anche a coloro che timidamente cercano ascolto ed approvazione. Il nostro pubblico è la gente, tutti coloro che hanno fame e sete di cultura, ma anche chi sembra essere distante e diffidente rispetto alle iniziative artistiche e culturali che proponiamo. Perciò la nostra associazione cerca di essere strategicamente attrattiva per avvicinare un pubblico eterogeneo per estrazione culturale e sociale. Per quanto piccoli gli spazi della nostra sede, ci piace pensare che essi sono come una grande piazza dove tutti si ritrovano a vedere le stesse opere pittoriche, ad ascoltare con piacere la stessa musica, a seguire lo stesso film. Tanto per fare un esempio di quali sono le attività che portiamo avanti: La Bottega delle Belle arti, laboratorio a cura di Orazio Iannetta, Rodolfo Losani e Raffaele D’Aquanno, corsi teorico-pratici aperti a tutte le età; presentazioni di libri e dialogo con gli autori; Incontri culturali a conduzione libera con intermezzi musicali, lettura brani e poesie, proiezioni immagini, video e film; rubrica settimanale “Caleidoscopio” su L’Inchiesta quotidiano a cura di Danilo Salvucci; collaborazioni con altre associazioni; mostre – convegni organizzate in luoghi importanti della città (Sala Restagno del Comune di Cassino, Sala degli Abati del Palagio Badiale, Abazia di Montecassino…); eventi ideati per la città e riproposti in altre città d’Europa; realizzazione di opere da destinare a istituti o figure istituzionali di importanza nazionale e/o internazionale.
Lei è un medico, che ha colto nell’arte gli spunti per vivere la sua professione in modo più profondo e intenso. Come si è avvicinato a questo mondo, apparentemente tanto lontano dalla scienza, e quando ha capito che l’arte potesse supportarla anche nella sua professione?
Mi sono approcciato dapprima all’arte, intanto come disciplina scolastica (i miei insegnanti di educazione artistica mi riconoscevano una certa attitudine per il disegno e per la pittura), poi come passione vera e propria, praticata da subito e coltivata in modo costante negli anni a venire. Ormai studente di medicina, lo studio della psichiatria ed in particolare del test del Rorschach, ha fortemente condizionato la mia tecnica pittorica. Ho affidato alle “macchie” lo spunto iniziale dei soggetti dei miei quadri. A ciò che le macchie mi evocano (o rievocano), io do forma pittorica. Il primo risultato così ottenuto, condiziona le fasi successive di tutto il lavoro, fino alla soluzione finale. Più che intimista, la mia è perciò una pittura psicometrica, perché no, nata proprio grazie alla interazione tra arte e medicina. Quindi, volendo indicare la successione temporale delle mie due componenti, quella artistica e quella più squisitamente professionale, io nasco pittore e divento poi medico. Gli artisti hanno tutti una storia propria e le analogie che si colgono in molti di loro, per quanto accomunanti, non bastano ad omologare l’intera categoria. Gli artisti non sono tutti dannati, anche quando le loro vite sono complicate, non sono tutti stravaganti, anche se così sembrerebbe. L’ arte non si “veste” sempre allo stesso modo e perciò l’abito, anche questa volta, non fa il monaco. La dimensione lavorativa che vivo ormai da quasi quarant’ anni, quella della professione medica intendo, condiziona fortemente il mio essere artista, ma è anche vero il contrario. I contesti e le problematiche entro le quali si articola la vita del medico, sono coinvolgenti in modo assoluto. I momenti di riflessione sono tanti e le certezze talvolta si fanno vulnerabili e possono vacillare di fronte alla sofferenza dei malati. Nel vivere quotidiano che ci pone costantemente al cospetto di una realtà spesso severa e che solleva numerosi interrogativi, noi medici ci ritroviamo a condividere le gioie e soprattutto i dolori degli altri.
È la condizione umana che si ripropone insistentemente in tutta la sua verità e complessità, che spinge a cercare un senso, a dare un senso alla vita, a cercare la completezza nell’ assoluto. Può perciò accadere (e accade) che un medico avverta l’esigenza di indagare ulteriormente e l’arte può essere il modo più naturale e completo di spaziare, di andare al di là delle apparenze, di arrivare fino in fondo per scoprire altro, tutto quanto non è possibile vedere in superficie. L’ arte non è affatto fuga dalla realtà, ma un mezzo per conoscerla meglio. Dipingo nelle ore più impensate. Necessaria, febbrile, vitale, quotidiana l’attività pittorica, quasi fosse fisiologica funzione, normale esercizio. Il medico parla all’ artista e l’artista parla al medico. Le opere sono il risultato di questo colloquio infinito e forse sono anche la chiave di lettura della mia esperienza umana. Non esiste per forza un luogo ideale dove dipingere. Alcuni artisti, anche famosi, hanno prodotto arte nei luoghi dove si consuma il dramma dell’esistenza, nelle carceri, negli ospedali, ovunque. Io ho dipinto tantissimo nelle notti insonni trascorse nei locali, non sempre accoglienti ed ospitali, della guardia medica. Tra una visita e l’altra, tra gli squilli inquietanti del telefono, tra una storia e un’altra, tra i drammi della vita altrui, tra i tanti consigli terapeutici, tra le tante opere di persuasione. Ho vissuto il mio lavoro in assoluta solitudine, solo con me stesso e con i problemi delle persone. Solo a doverli gestire. Solo, talvolta confidando nell’ aiuto di Dio. Vi assicuro che la sofferenza, anche quella degli altri, quando la vivi da vicino, ti condiziona la vita, ma il medico ha sempre una grande occasione, quella di trarre insegnamento dalla sua esperienza umana e professionale, di apprezzare la vita imparando a godere dei momenti belli, magari cercandoli nelle cose più solite, semplici, quotidiane. Nell’ arte è possibile trovare la bellezza del mondo e le ragioni della propria esistenza. Non solo, l’arte si affianca alla Medicina per portare avanti unitamente il compito di ripristinare l’equilibrio psicofisico riscoprendo la propria autostima e il proprio benessere perduto.
Arte e Medicina, due mondi che si incontrano e dunque si fondono in una dimensione unica. Quale? Con quali potenzialità e benefici sul paziente? E quali effetti positivi anche sul medico?
Arte e Medicina, due mondi che si incontrano e si fondono in una dimensione unica, vale a dire l’Uomo, perché le ospita entrambe, anzi le contiene, le vive contemporaneamente. Intendo dire tutti, non solo come pazienti o come operatori sanitari. Tutte le persone, anche quando non appartengono a nessuna delle due categorie appena indicate, hanno la possibilità di osservare ciò che accade agli altri, parenti, familiari, amici. L’esperienza indiretta ti porta comunque a vivere in qualche modo, attraverso l’immedesimazione, anche le situazioni non tue. La vita spesso ci offre la possibilità di cogliere da “spettatori” l’essenza delle cose. La consapevolezza che ne consegue, ti fa comprendere meglio la sofferenza degli altri, capisci meglio il loro disagio, i loro problemi e, se vuoi, puoi essere partecipe e solidale. L’arte e la cultura migliorano la percezione ed i livelli di attenzione, vivacizzano i sensi, favoriscono la conoscenza, stimolano la mente e non ultimo, riaccendono le emozioni. I medici, tempo permettendo, dovrebbero leggere più libri, ascoltare più musica, ammirare l’arte più spesso, ne gioverebbero in termini di benessere psicologico e di appagamento spirituale. Per quanto riguarda gli effetti che l’Arte e la Cultura producono sui pazienti in generale, riporto l’esempio di individui alle prese con problemi di salute mentale, che ogni anno espongono le loro creazioni artistiche in un luogo dove “esprimere se stessi”, lontano dallo stigma della malattia, più precisamente nella sala al piano interrato del Museo di Arte Contemporanea di Montreal (MAC), insieme alle opere di artisti famosi. È incredibile ciò che accade: è per le creazioni degli aspiranti artisti che si mostra maggiore interesse e meraviglia. Sparse tra i grandi nomi, ci sono le opere degli artisti – pazienti, opere senza artifici, una bellezza non convenzionale, la prova di una catarsi che solo l’espressione artistica consente. La mia conclusione è che laddove la sofferenza annulla la voglia di vivere, paralizza la mente, l’amore per le cose, le persone, per l’arte e per la cultura, ridona speranza, riaccende il sorriso, infonde coraggio. L’ arte e la cultura, illuminano il buio, colorano la vita, risvegliano l’anima.
Lei si è registrato su “Cultura è Salute”. Quali valore ne condivide? Ritiene infine che “cultura” sia sinonimo di “salute”? Se sì, perché?
“Cultura è Salute” sostiene che “La letteratura, la musica, il cinema, il teatro, la danza, sono un indiscutibile valore aggiunto sia nella formazione del medico che nei processi di terapia e riabilitazione, volti a sviluppare il benessere della persona e l’umanizzazione dei luoghi di cura”. Due aspetti sono importanti di questa grande iniziativa, le proposte formative in cui le discipline umanistiche, le scienze sociali, le arti visive si intrecciano a quelle scientifiche e la rete nazionale che il progetto si propone di costruire, perché essa consente e continuerà a consentire agli operatori sanitari, ai medici, a tante altre figure professionali e, non ultime, alle strutture sanitarie di poter promuovere le loro esperienze di cultura e arte nei diversi contesti di cura (ospedali, servizi diurni, strutture residenziali e semi residenziali, servizi psico-socio-assistenziali), e contemporaneamente ospitare best practice realizzate da altri. Io come medico e come artista condivido tutto questo e ne sono felice.