Pareri a confronto

Riflessioni su pandemia e sanità
di ANNAMARIA AUCONE

31 Maggio 2021

La Pandemia da coronavirus, improvvisa, sconosciuta, per alcuni insolitamente misteriosa, ma diffusiva e drammatica per le infinite morti provocate, ha messo alla prova i Sistemi Sanitari di tutti i Paesi del mondo. Il crollo della loro tenuta ed efficienza era ed è tuttora ancora probabile nelle realtà più povere e svantaggiate del globo; ciò che ha sconcertato e preoccupato, non solo gli addetti ai lavori, è stato come essa abbia svelato debolezze e squilibri nelle Sanità più evolute ed organizzate, gestite dai governi più avanzati dell’Occidente. Anche l’Italia, dotata di un SS unanimemente valido, pubblico ed universalistico, ha mostrato sofferenze e rischi di cedimento.

Nel contesto primario della crisi sanitaria si è fatto ricorso a tutte le risorse possibili per contrastare gli effetti più pesanti che ci stavano travolgendo. Con successi ed errori, criticabili o comprensibili. Oggi è il momento di cominciare a tirare le somme e a pensare a come rinnovare la nostra Sanità e soprattutto a come dotarla di strumenti veramente efficaci, per prevenire e contrastare eventi sanitari estremi, ma non solo. Impresa ardita e di non agevole realizzazione, non scontata, se si continuano ad utilizzare risorse umane e materiali tradizionali, se non si ricorrerà invece a giuste riforme, a capacità e visioni potenti, per la costruzione di un Sistema stabile ma adattativo nei confronti delle nuove sfide biologiche ed ambientali che investiranno nel futuro, la salute umana.

Il mutamento antropologico e l’analfabetismo funzionale che avanza da decenni  in gruppi di popolazioni (narcisismo e individualismo imperanti, comportamenti antisociali ed anaffettivi, ritardato o incompleto sviluppo dell’empatia sociale e civile, deficit scolastici e culturali, la diffusione del “tutto si può dire e tutto si può fare”in nome di una libertà di cui tutti stiamo disimparando il significato, in assenza di filtri educativi e culturali), non permettono più l’utilizzo della  vecchia politica, della solita economia,  dei logori schemi di gestione dei  rapporti tra i ceti e le persone. Come, allora, riformare e modernizzare un SS, del cui cambiamento per primi medici ed operatori sanitari, avvertono l’urgenza?

Proviamo a pensare ad alcuni temi, tra i tanti da mettere in gioco:

Sanità Territoriale: da ridefinire, come complesso di strutture fisico-logistiche e di competenze professionali, diffuse strategicamente nella Comunità, riconoscibili, agevolmente accessibili e fruibili da parte dell’utenza, dotate di capacità diagnostica, clinica e strumentale e di possibilità di interventi di cura, di minima e media complessità, quando non sussista la necessità di un ricorso all’urgenza ospedaliera.  A cui affidare la centralità per: gestione della cronicità- e della disabilità, nelle differenti età della vita; nonché compiti di prevenzione, sorveglianza, formazione, informazione e cultura, su stili di vita e comportamenti nel rapporto tra cittadino/utente e ambiente, alimentazione, natura e società. Nell’obiettivo primario di promuovere e difendere salute e benessere, all’interno di una circolarità virtuosa tra individuo ed il proprio ecosistema, in cui acquisire consapevolezza su come il ruolo attivo di ciascuno possa garantire l’equilibrio e la sostenibilità dell’ambientale che ci sostiene.

Quali gli attori su questa scena?

Medici di Base: in regime di dipendenza, affiancati da competenze infermieristiche, operatori socio-sanitari e del campo della nutrizione, in più stretta relazione culturale e operativa con la Specialistica medica, anch’essa strutturata con contratti di dipendenza e indirizzata maggiormente all’interno di PDTA e Gruppi Multidisciplinari e multiprofessionali per la presa in carico di:
patologie neurodegenerative, invalidanti croniche, e della disabilità primaria, nelle età evolutiva, nell’adulto e nell’anziano;
del disagio mentale e sociale;
delle malattie sui luoghi di lavoro;

Strutture Sanitarie Complesse:

Ospedale, in cui, accanto alle prerogative tradizionali, deve operare la restante Specialistica medica, nonché quella più avanzata che si serve di diagnostica strumentale sofisticata e polifunzionale.

Centri di eccellenza medica o chirurgica, per patologie non comuni o meno diffuse tra la popolazione, di riferimento regionale o pluriregionale, al fine di concentrare competenze innovative e i più efficienti strumenti operativi, per ottimizzare le risorse ed evitare sovrapposizione di offerta sanitaria, spesso non compatibile con il contenimento degli sprechi e con un adeguato utilizzo delle applicazioni disponibili.

Ricerca di Base: espressione libera e flessibile dell’ingegno umano, al contempo rigorosa   e tenace, che con il suo procedere attraverso metodo scetticismo e verifiche, sa fugare dubbi paure superstizioni, e fornire strumenti per comprendere la realtà comune.  Diventa necessario pertanto finanziarne compiti e finalità, in campo nazionale e regionale, ma in un’ottica di rete sovranazionale in cui orientare progetti, risorse umane e materiali, che sappiano adattare soluzioni e risposte innovative, ove emergono nuovi bisogni della salute umana, nuove realtà naturali, sociali o culturali.

Medicina Privatistica: le cui attività e proposte devono trovare sinergie ed opportuni equilibri all’interno dell’offerta sanitaria, ma che non può prevalere nel confronto con la gestione Pubblica della sfera sanitaria.  Il rischio che non possiamo correre è quello dell’impoverimento e della marginalizzazione del Sistema di Sanità Pubblica, della sua trasformazione progressiva in rifugio e soluzione di salute, solo per i ceti non abbienti, più fragili e svantaggiati della popolazione.

Meritocrazia, etica sociale e del lavoro, formazione permanente, esperienza, cultura, buone pratiche e conoscenza: valori da rifondare, sviluppare, diffondere e costantemente affermare nell’agire sanitario e scientifico, ma non solo.