18 Settembre 2024
Esporsi al sole è un gran piacere, esercita effetti positivi sull’umore, rimuove il pallore dell’inverno e ci dona un colorito che consideriamo indice di buona salute. Non ci sono più persone di “sangue blu” che tanti anni fa erano i nobili che non si esponevano al sole e nel bianco latte della loro cute trasparivano le vene periferiche superficiali. Per effetto ottico apparivano bluastre e conferivano nobiltà (adesso un po’ datata) a chi ne faceva mostra. Era un modo snob per differenziarsi dai lavoratori dell’agricoltura forzatamente abbronzati dalle fatiche all’aperto. È stata Coco Chanel a rivoluzionare tutto nel dopoguerra. Finita la nobiltà e con il diffondersi del lavoro in fabbrica a scapito delle campagne, il pallore da lavoro degli operai non fa più moda e l’essere abbronzati diviene simbolo di buona salute, successo e ricchezza (bon vivre) (fig 1). Si ha tempo a disposizione per andare al mare in Costa Azzurra: questo è il messaggio. Da alcuni anni l’ulteriore aggiustamento di tendenza predilige una moderata tintarella rispetto al color cioccolato dei “malati di sole”. In teoria l’esposizione al sole non è una droga, non provoca dipendenza e non si va in “crisi d’astinenza” in una giornata cupa. Ciononostante, per molte persone sta diventando una vera e propria necessità della quale non possono fare a meno, definita “tanoressia”. A causa di questa eccessiva esposizione alla luce solare nel corso degli ultimi decenni, a lungo effettuata senza uso di creme protettive, i danni cutanei sono molto aumentati. I tumori della pelle (esclusi volto e mani) sono oggi molto più numerosi che 60 anni fa.
Le nostre caratteristiche biologiche individuali quali il fototipo e la capacità di riparare il danno indotto dalla luce sul DNA, fanno sì che ci esponiamo alla luce solare con diversi livelli di rischio personale di sviluppare tumori cutanei nel corso degli anni. La “difesa” della nostra pelle si basa su alcune proteine protettive e sulla quota individuale di melanociti che producono la melanina (anch’essa protettiva). Tale capacità di difesa si estende anche al “rischio invecchiamento” (1). L’intensità e la durata delle esposizioni alla luce solare si traducono in una serie di danni cutanei più evidenti nelle sedi foto esposte (volto, avambracci, mani e gambe). La cute ha memoria sommatoria del danno provocato dai raggi ultravioletti (RUV) e i danni delle singole esposizioni si accumulano nel tempo. Pertanto, le precauzioni che adottiamo nel corso della vita nei confronti del sole (protezioni con copricapo e indumenti) e l’uso di prodotti contenenti schermi solari, sono di grande efficacia anche ai fini della prevenzione dell’invecchiamento cutaneo. E’ noto, però, che circa l’80% delle radiazioni UV raggiungono la pelle nei primi 20 anni. Pertanto, è opportuno prevenire l’invecchiamento sin dai primissimi anni della nostra vita.
I raggi solari che giungono sulla superficie terrestre e, quindi, nostra pelle sono composti da raggi ultravioletti B (UV-B) con lunghezza d’onda più corta e da raggi ultravioletti A (UV-A) con lunghezza d’onda maggiore.
I raggi ultravioletti C (UV-C) più dannosi per la vita a causa dell’alto contenuto energetico, sono completamente assorbiti dall’ozono e dall’ossigeno degli strati più alti dell’atmosfera.
L’arrossamento e le “scottature solari” sono causati in maggior misura dagli UV-B. Essi sono anche responsabili delle modificazioni molecolari che possono causare tumori cutanei.
Anche gli UV-A determinano danni biologici che possono favorire lo sviluppo di tumori della cute, ma causano soprattutto fotoinvecchiamento.
Quando esponiamo la nostra pelle, la protezione dalla luce solare con prodotti contenenti filtri fisici, chimici o entrambi, deve essere eseguita sempre e con grande attenzione per evitare danni cutanei anche severi. La raccomandazione è di applicare quantità adeguata di prodotti filtro e di ripetere l’applicazione più volte, ad intervalli durante la giornata, se sudiamo o ci bagniamo (2).
I preparati che usiamo come protezione solare sono creme, gel, spray e oli, che differiscono per caratteristiche di preparazione cosmetica e quantità di molecole “filtro” contenute. La differenza del grado di protezione e la tipologia cosmetica del prodotto consentono di effettuare la scelta più corretta in relazione alla zona del corpo che dobbiamo proteggere di più.
I filtri fisici sono molecole di metalli pesanti in grado di riflettere le radiazioni UV e di diffonderle in quanto realizzano una sorta di barriera grazie alla loro opacità (ossido di zinco, ossido di titanio, alluminio e silicio). I più usati sono l’ossido di zinco e di titanio. Sono polveri bianche e conferiscono una nota biancastra ai veicoli delle preparazioni cosmetiche. Pertanto, vengono sempre più “micronizzati” per ridurre tale inconveniente. Per tale motivo sono usati in associazione con 1 o più schermi chimici.
I filtri chimici sono composti da molecole che hanno la particolare proprietà di assorbire i raggi UV. L’energia assorbita viene poi ridistribuita prevalentemente come calore. Le principali sostanze utilizzate sono: antranilati, benzofenoni, cinnamati e salicilati.
Le caratteristiche chimiche di queste molecole consentono di ottenere sempre maggiori livelli di protezione solare con minimi effetti avversi. I filtri infatti, possono a volte causare dermatiti da contatto, irritative o allergiche, e pertanto è sempre utile chiedere consiglio al proprio medico per la scelta prima di farne uso.
Il fotoinvecchiamento è per lo più mediato dai radicali liberi. Si tratta di molecole instabili, cui manca un elettrone, che cercano disperatamente di raggiungere un equilibrio catturando elettroni da altre molecole. Queste ultime vengono così ossidate e vanno incontro a danni di struttura. Largo uso è stato da fatto da alcuni anni di antiossidanti per via sistemica con risultati non sempre misurabili. Oltre alle vitamine C ed E, sono stati l’ubichinone (coenzima Q 10), il licopene ed il resveratrolo le molecole più utilizzate (3).
Il fotodanneggiamento della cute è causato anche dall’induzione ad opera dei raggi ultravioletti di metalloproteasi, enzimi capaci di degradare elastina e collagene e di ridurre, pertanto, la compattezza cutanea.
Filtri solari e vitamina D
Di recente, il frequente reperto nella popolazione di ipovitaminosi D con le conseguenze sulla salute delle nostre ossa e di altri organi, è stato in parte attribuito all’uso eccessivo di schermi solari, soprattutto nelle donne dopo la menopausa e alle campagne di prevenzione dei danni da raggi UV. A parte la difficoltà nella valutazione di dati discordanti, non sembra che ci siano veri problemi nelle aree geografiche italiane che possano suggerire di limitarne l’uso. Il consiglio, da dermatologo, è quello di non abusare della pazienza della cute e di non sottoporla all’eccesso di esposizione ai RUV. Anche perché, almeno nella nostra generazione di persone esposte nei decenni ’60 e ’70, abbiamo cumulato anni di tintarelle senza reali ed efficaci protezioni. I numeri sempre più elevati di tumori cutanei fotoindotti che vediamo in questi ultimi anni, ne sono la testimonianza (4).
Per sintetizzare una quantità di vitamina D sufficiente per il nostro organismo basterebbe esporre il 40% della superficie corporea per 20 minuti al giorno e alle nostre latitudini non dovrebbe essere difficile ottenere una produzione adeguata.
Filtri solari, esposizione al sole e vaccini anti-COVID 19
L’attuale epidemia e la diffusa campagna vaccinale conseguente, hanno fatto nascere alcuni ulteriori interrogativi. Tra i più frequenti, per quanto riguarda la cute, è se ci siano rischi di esposizione al sole o alle lampade artificiali, in seguito alla vaccinazione.
L’esposizione al sole e la conseguente produzione di vitamina D sembrerebbero avere effetti “adiuvanti” sul sistema immunitario con un incremento della risposta vaccinale, in epoca pre-COVID 19 (5)
Sappiamo che l’esposizione eccessiva alla luce solare, favorisce la comparsa dell’herpes labiale o di altre patologie virali cutanee nelle persone predisposte, in quanto può causare la riduzione dell’efficienza dei sistemi immunitari di difesa della pelle.
Alcune settimane fa, notizie non confermate da dati di letteratura scientifica, allarmavano per la possibile riduzione della risposta immunitaria anti-COVID causata dal sole, senza specificare con precisione le modalità.
Allo stato attuale, non esistono studi in grado di rispondere a tale domanda. Reazioni cutanee da attribuire al cocktail vaccino e esposizione al sole o all’uso di filtri solari, non sono state finora segnalate.
Dovremo attendere i prossimi mesi per avere qualche dato attendibile.
Bibliografia
- Papi M. Ma perché la pelle invecchia? Solo colpa delle 4 S: Sun, Smoke, Smog e Stress? Mazzotta 2014
- Celleno L. Dermatologia cosmetologica. Tecniche nuove 2008
- Papi M. Come cambia la pelle. Passeggiata attraverso l’arte visuale. Arte grafica 2018
- Borellini U. La divina cosmesi. Mondadori 2015
- Sadarangani S. et al “Let There Be Light”: The Role of Vitamin D in the Immune Response to Vaccines. Expert Rev Vaccines. 2015; 14(11): 1427–1440.