17 Maggio 2021
Psichiatra, ma anche appassionata di scrittura ed in particolare di poesia, la Dottoressa Rossella Seller ci racconta della sua ultima raccolta poetica e del forte legame tra ricerca artistica e professione medica.
Come nasce la raccolta poetica” Antenati del Futuro – Poesie della Trasformazione” da poco pubblicata con Bertoni Editore?
Questo periodo di crisi pandemica ci ha fornito l’occasione per riflettere sulle contraddizioni della realtà in cui viviamo; nel suo dinamismo evolutivo la vita manifesta aspetti complessi e contrastanti che spesso convivono, così è nata la raccolta “Antenati del Futuro-Poesie della Trasformazione”, che già nel titolo prefigura questi aspetti. Scrivere versi è stato per me un antidoto alla paura e una prova di resilienza. Lungo il filo spazio-temporale ho individuato la memoria come quarta dimensione dell’esistenza. E se è vero che “Il ricordo è il tessuto dell’identità” (Nelson Mandela), noi apparteniamo al passato dei nostri ricordi che ci insegnano come affrontare le sfide del presente e le incognite dell’avvenire.
Quale ruolo ha la scrittura per lei anche in relazione alla sua professione?
L’esperienza poetica collega la mia professione di medico e psichiatra alla ricerca artistica. La cura della mente necessita della stessa forza” sorgiva” della parola poetica ed ha un potere taumaturgico rispetto alla sofferenza personale ma penso che raggiunga in pieno il proprio significato nella coralità intersoggettiva. Il dolore si stempera confluendo nella condivisione delle emozioni espresse. La poesia è in grado di rafforzare il sentimento della appartenenza. Inoltre la ricerca poetica come quella psicologica crea nuovi schemi percettivi e, attraverso i suoi propri strumenti, cerca soluzioni etiche ed estetiche, trova l’alternativa, un cambiamento che può permettere la ricostruzione catartica di eventi traumatici. Nella professione vivo il privilegio di raccogliere le storie intime di tanti individui e molte poesie sono dedicate ai miei pazienti, trasposte in chiave poetica per testimoniare la esperienza di vita di queste persone, dando voce a chi si sente emarginato e sconfitto dal proprio disagio. Così cerco di combattere lo stigma della malattia mentale.
Molti versi sono dedicati ai luoghi a lei cari, ad alcune isole e al rapporto con la natura?
Fin da bambina ho provato, nel contatto con gli spazi verdi e con il mare, un senso di profonda e appagante appartenenza alla natura, la cui contemplazione mi ha sempre riempito di stupore e ammirazione. Questa esperienza in psicologia è chiamata “sentimento oceanico” e in genere si manifesta davanti a scenari naturali grandiosi o eventi straordinari che spingono l’essere umano a sentire una sorta di nostalgia dell’infinito e di contatto estatico con il mistero. Anche da adulta continuo a provare queste emozioni e ho tratto spesso ispirazione da luoghi particolari, per es. da alcune isole visitate. La dimensione insulare mi affascina perché conserva una energia primigenia persa invece nell’appiattimento freddo di alcuni luoghi abitati a causa dell’impronta antropica. Le isole conservano ancora una forte identità culturale. Considero la specificità e la differenza una fonte di arricchimento e uno stimolo per l’ispirazione creativa.
E che dice delle poesie dedicate agli animali?
A volte sono eventi apparentemente marginali a contare e il poeta può attraverso i propri versi disvelare verità nascoste o indicibili e mettere in luce aspetti insoliti ma significativi, questo è per me un altro degli scopi della poesia. Nella raccolta ho descritto alcuni comportamenti animali, colti in circostanze poco convenzionali. Avendo vissuto in campagna vicino al mare, ho avuto parecchi incontri “ravvicinati” con il mondo animale e per questo sono in un rapporto di dialogo profondo con “l’anima mundi” cercando di sollecitare una sensibilità “conservativa” attenta a tutti gli aspetti con cui la bellezza si manifesta e denunciando attraverso la voce poetica la compromissione trasformativa degli equilibri ecologici.
In che modo secondo lei il concetto di “cultura” è legato alla salute e alla cura?
La vita è per molti versi un lento e attivo processo di apprendimento. Credo sia fondamentale accrescere le proprie conoscenze per amplificare le opportunità disponibili anche nel senso di partecipare attivamente a tutelare il proprio benessere. Ma è negli spazi condivisi tra le discipline umane che penso risieda la vera cultura, quella che viene arricchita dagli scambi di esperienze. In molti di noi che svolgiamo professione sanitarie c’è un vivo interesse per l’espressione artistica che è fonte di energie rinnovate, permettendo di superare il peso di un lavoro impegnativo e delicato a contatto costante con le sfide della vita e della morte e sono convinta poi, anche per esperienza personale, che le professioni sanitarie abbiano in sé importanti potenzialità creative da mettere a disposizione nella cura degli altri. Oggi disponiamo di molte informazioni e di un ricco patrimonio culturale a cui attingere facilmente anche grazie alle moderne tecnologie e ognuno può essere soggetto attivo nel trasmettere conoscenze. Spazi di scambio aperti, stimolanti e di qualità forniscono occasioni di approfondimento del sapere che trasformano le nozioni in indagine costruttiva, alla ricerca di strumenti interpretativi utili a guidare le nostre scelte.