Cultura è Salute

“Juggling Therapy”
l’arte del circo diventa terapia
Intervista ad ANTONIO CAGGIONI

13 Aprile 2021

L’arte circense diventa terapeutica per i ragazzi affetti da disturbi neuropsichiatrici, grazie alla fusione della giocoleria con la libera espressività. Ne parliamo con Antonio Caggioni, responsabile del progetto “Juggling-therapy”.

In cosa consiste la Juggling Therapy?

La “Juggling-therapy” è un mio progetto nato nel 2008 durante il periodo di formazione come Tecnico della Riabilitazione Psichiatrica. Di fatto si tratta di una tecnica riabilitativa proposta in contesti di gruppo che, utilizzando le tecniche di giocoleria, si inserisce nei percorsi riabilitativi in psichiatria. Definisco la giocoleria un’arte dove la creatività si accompagna ad un necessario “ostinato rigore”, dove gli errori non solo si accettano ma sono l’unico modo per diventare abili. Caratteristica peculiare della giocoleria è inoltre la continua interazione tra mente e corpo, tra attenzione ed azione. Questo aspetto, unito alla necessità di osservare l’altro per apprendere, ci permette di proporre un lavoro mirato a favorire una migliore relazione sia con il proprio corpo sia con gli altri, aspetti fondamentali nei percorsi riabilitativi in psichiatria. Durante gli incontri di Juggling-therapy viene dato spazio sia alla tecnica sia alla libera espressività, fino a quando questi due aspetti si fondono e le tecniche di giocoleria diventano un nuovo linguaggio espressivo. 

In che modo la giocoleria come forma espressiva e il suo inserimento in programmi riabilitativi nell’ambito del disagio psichico e della disabilità può essere di supporto?

Attualmente sto effettuando percorsi di Juggling-Therapy presso i servizi della “Fondazione Emilia Bosis” a Bergamo, un contesto d’avanguardia per quello che riguarda l’applicazione di ogni forma d’arte nei percorsi riabilitativi in psichiatria. Purtroppo la situazione attuale ha posto un fermo a questa attività ma l’anno scorso proprio qualche giorno prima dell’inizio dell’attuazione delle misure di distanziamento fisico abbiamo concluso un percorso di juggling-therapy trascorrendo una giornata in un vero circo, ospiti nello chapiteau di “Spazio Circo Bergamo”, una associazione del territorio fortemente impegnata in progetti di circo sociale. Preso atto delle ricadute a livello relazionale ed espressivo che durante un percorso di Juggling-therapy sono osservabili, credo sia necessario ricercare un approccio sempre più sistematico, quantificabile e verificabile nel lavoro riabilitativo per questo ho approfondito le ricadute che la giocoleria porta a livello cognitivo. 

E come rispondono i pazienti?

La riabilitazione psichiatrica, oltre al supporto sociale e relazionale che fornisce ai pazienti, si specializza sempre più nell’individuare specifiche aree e funzioni cognitive compromesse al fine di effettuare lavori mirati al recupero e potenziamento di queste.

Sono molti gli studi scientifici effettuati su questa specifica arte, in quanto la giocoleria per le sue caratteristiche è una skill utilizzata spesso negli ultimi anni come strumento di investigazione scientifica per quanto riguarda la neuroplasticità associata all’apprendimento motorio. Da questi studi si evidenzia che apprendere esercizi di giocoleria sviluppa l’area V5 del cervello che risulta essere compromessa nei pazienti con schizofrenia. Questa compromissione risulta essere legata anche a deficit nella Theory of Mind, ovvero nella capacità di interpretare intenzioni ed emozioni altrui. Da qui l’idea di proporre la realizzazione di uno studio scientifico teso a dimostrare che l’acquisizione di esercizi di giocoleria, con il conseguente incremento della materia grigia nell’area V5, possa migliorare le prestazioni nella ToM in pazienti con diagnosi di schizofrenia. 

Avete “trasferito” questo tipo di esperienza anche al Lugano calcio: di cosa si tratta?

Queste stesse aree cerebrali sono coinvolte nella percezione e previsione del movimento degli oggetti nello spazio, da qui nasce l’idea di proporre dei training di potenziamento cognitivo nel contesto sportivo, partendo dai portieri che hanno la necessità di leggere la traiettoria del pallone per programmare interventi efficaci. Attualmente collaboro con il settore giovanile del Lugano Calcio come consulente per il training cognitivo proponendo appunto delle esercitazioni di potenziamento agli atleti con le tecniche di giocoleria per allenare quelle competenze percettive trasferibili alla situazione di gioco. 

Portare questo approccio in un ambiente così differente è un grande stimolo che mi aiuta a mantenere freschezza nell’intervento in ambito psichiatrico.

La giocoleria dunque, ma anche la musica, a supporto di chi è meno fortunato. Le arti sono quindi propedeutiche al benessere ed alla salute dell’individuo?

Credo fortemente nella potenzialità espressiva dell’arte e credo anche che nel momento in cui vogliamo utilizzare l’arte come strumento in percorsi di salute sia necessario farlo con competenza e metodo. La formazione artistica deve essere accompagnata da una formazione in ambito riabilitativo, solo cos’ si potrà utilizzare l’arte come strumento di cura.