26 Novembre 2020
Il peeling al viso, uno degli atout più gettonati sul fronte dei trattamenti estetici in grado di aiutare la pelle ad accelerare il rinnovo cellulare recuperando così luminosità e morbidezza, diventa ora una carta importante nel trattamento terapeutico di alcune delle condizioni più “critiche” per la cute.
Sicuro e poco invasivo, in grado di attenuare in “modalità soft” rughe e antiestetiche macchie scure che con il tempo compaiono sulla pelle, il peeling può adesso diventare un’arma contro i danni da photoaging e anche contro quelle condizioni precancerose che, a volte, se la prevenzione fallisce, possono trasformarsi in vere e proprie neoplasie cutanee. Fondamentale però è la scelta e il dosaggio delle sostanze attive impiegate per i trattamenti. E i registi in grado di saper miscelare e misurare gli agenti chimici da utilizzare, personalizzando i trattamenti per ogni differente esigenza, sono i dermatologi esperti. Guai quindi ai “fai da te” che possono trasformarsi in veri e propri boomerang per la nostra pelle!
Dal 94esimo Congresso nazionale della SIDeMaST, la Società Italiana di Dermatologia Medica, Chirurgica, Estetica e delle Malattie Sessualmente Trasmesse, quest’anno in versione digital dal 3 al 6 novembre, arrivano le indicazioni da seguire per utilizzare il peeling chimico in maniera sapiente e con una veste rinnovata: il Prof. Nicola Zerbinati, dell’Università di Varese, spiega: “Fondamentale, naturalmente, è la scelta e il dosaggio delle sostanze attive impiegate per l’aggressione chimica e la conseguente attivazione di quei meccanismi riparativi che portano al ripristino delle condizioni fisiologiche cutanee”. In quanto veicolo per migliorare le penetrazioni e le biodisponibilità delle molecole attive, il peeling può assumere quindi un ruolo centrale nell’ organizzazione dell’approccio terapeutico.
“Nella pratica dermatologica ambulatoriale – spiega ancora il Professor Zerbinati – i peeling prima relegati a pratiche con puro indirizzo estetico, oggi vengono quindi impiegati anche nel trattamento terapeutico di alcune delle condizioni citate“. In questa ottica anche il veicolo per migliorare le penetrazioni e le biodisponibilità delle molecole attive assume perciò un aspetto centrale nella organizzazione dell’approccio terapeutico: “L’idea – conclude – è quella di modulare e sinergizzare vecchie e nuove molecole (arbutine-alfa idrossiacidi, betaidrossiacidi, retinoidi) in un nuovo supporto chimico dando spazio alla vena ‘galenica’ del professionista dermatologo che scegliendo e miscelando gli attivi, alla luce della condizione clinica di ciascun paziente, è in grado di promuovere alta efficacia clinica con un ottimo profilo di sicurezza con il proprio trattamento di peeling“.