18 Settembre 2024
L’organizzazione non profit, diretta da Ugo Vivone, propone un modo totalmente nuovo di fare volontariato, realizzando format culturali innovativi che permettono ai giovani di donare il loro talento negli ospedali e nei luoghi di fragilità.
#donailtuotalento è la filosofia che guida la vostra associazione. Come si “dona” il talento?
Questa frase rappresenta proprio il cuore di “Officine Buone” e siamo partiti da questo assunto: i giovani non hanno solitamente una grande disponibilità di soldi e di professionalità, ma neanche di esperienza e di tempo, dunque per attrarli al volontariato dovevamo inventarci una quarta via: abbiamo scelto quella del talento. Consentire loro di metterlo al servizio del sociale sortisce un doppio effetto: i giovani sono felici di fare ciò che amano ed il volontariato offre loro una chance di crescita umana importante. Per tanti di loro, che sono insieme a noi da diverso tempo, l’opportunità è diventata anche professionale. Al 2020 abbiamo 1.200 volontari, di cui la maggioranza assoluta è under 35. Questo per noi significa poter aiutare anche altre associazioni: infatti siamo distribuiti in tante sedi italiane, ma anche a Londra, e costantemente incontriamo altre realtà che devono rinnovare il loro “parco ospedaliero” e c’è tanto bisogno di giovani disponibili a fare volontariato. Generalmente i ragazzi rifuggono l’ambiente ospedaliero perché fa paura ed è un contesto difficile. Noi siamo molto felici di mettere a disposizione degli altri i nostri ragazzi.
In questi anni avete dato vita a tante iniziative virtuose come “Special Stage”. In cosa consiste?
E’ stato il progetto con il quale abbiamo cambiato marcia! Quel progetto ha avuto uno sviluppo importante, è la più grande rassegna musicale negli ospedali in Italia, sia per numero di città (ben 12 in Italia e 12 all’estero) con oltre 400 artisti famosi che ci hanno supportato. Nel 2016 siamo stati premiati come “Miglior Festival Italiano” dalla Rete dei Festival Italiani, senza che nessuno sapesse che si trattava di un’iniziativa di volontariato. “Special Stage” è a tutti gli effetti un palco dove l’artista giovane ha l’occasione di emergere, facendosi notare con la sua performance, ma anche di collaborare con artisti noti che vengono alle nostre date e partecipano insieme ai volontari. I nostri giovani duettano in ospedale con personaggi del calibro di Malika Ayane o Niccolò Fabi, insomma una bella emozione! Il volontariato aiuta innanzitutto chi lo fa, chi si spende in prima persona, poi supporta profondamente anche chi lo riceve. Ricordo con Niccolò Fabi, persona di straordinaria sensibilità, un duetto piano-chitarra che ha suscitato enormi emozioni, con i pazienti che cantavano, è stato molto coinvolgente per tutti. La cantante Elodie si è esibita al pianoforte, Ornella Vanoni è venuta a cantare in corsia; insomma in tanti ci hanno accompagnato in questo progetto.
E dai pazienti che tipo di reazione avete avuto?
Siamo partiti con la premessa di non voler “curare nessuno” perché abbiamo un grandissimo rispetto di tutti i dottori e del loro prezioso lavoro. Non abbiamo evidenze scientifiche che dicano “la musica fa bene o fa guarire”, ma devo ammettere che gli stessi specialisti che lavorano in ospedale, ci hanno testimoniato i benefici della musica e del canto sui loro pazienti. Grazie a queste iniziative diamo qualcosa di tangibile alle persone: l’approccio è quello di suonare con tutto il cuore per chi sta male e se questo può aiutare a vivere del tempo di qualità noi ne siamo onorati. L’obiettivo è mantenere un profilo basso e credo sia un approccio vincente. Chi ci viene a vedere, ha la sensazione che si tratti di un vero e proprio “show” quindi gli ammalati non hanno la sensazione di sentirsi “pazienti”, ma un normale “pubblico” coinvolto e felice di trascorrere del tempo con spensieratezza. In quelle occasioni siamo tutti uguali.
Dalla musica ad una serie tv di successo: “Involontaria”. Com’è nata quest’idea così originale?
“Involontaria” è figlia di “Special Stage”, una perfetta conseguenza. Ad un certo punto ci siamo detti: come possiamo fare uno spot che racconti quello che facciamo? Realizziamo una serie tv! La nostra follia ci ha portato a girare un episodio pilota, solamente con le nostre forze e con l’aiuto dei nostri video-maker, dopodiché lo abbiamo portato alla “Fondazione Cariplo”, una delle più prestigiose in Italia, che è rimasta entusiasta del progetto e ci ha rivelato di voler realizzare una serie tv che raccontasse il volontariato negli ospedali. Da lì ci hanno finanziato ed è nato l’intero format: tra lo stupore generale ci siamo cimentati con la prima stagione. La fiction è scritta e sceneggiata, ma è girata in un ospedale vero e proprio, funzionante, con ospedali e pazienti veri. Nel nostro caso le scene sono ambientante nell’ “Istituto dei Tumori di Milano” e al “Policlinico San Donato”. La serie è stata candidata al “Roma Web Fest” vincendo il premio come “Miglior Serie Italiana dell’Anno” nel 2018. Anche qui l’obiettivo è stato poter divertire il pubblico, chiaramente con un messaggio sociale di fondo, ma con toni leggeri ed accattivanti.
Come ha inciso la pandemia sul vostro lavoro?
Purtroppo è stata una brutta botta per tutti perché nel nostro caso sia la cultura sia gli ospedali sono stati fortemente colpiti. Abbiamo vissuto dei mesi tragici, ma ci siamo inventati altri progetti, come “Special Cook”, con modalità totalmente Covid-free. Chef famosi hanno cucinato in diretta streaming per i pazienti degli ospedali, interagendo con loro e rispondendo alle loro domande. I nostri volontari si sono poi trasformati in driver ed hanno portato il cibo negli ospedali cosicché i pazienti potessero assaggiare i piatti. Si tratta di un’iniziativa che ci sta dando grande soddisfazione in questo periodo, durante il quale invece la musica purtroppo è ferma. Non possiamo accedere negli ospedali, ma ci auguriamo di poter tornare a suonare dal vivo il prima possibile.
Siete entrati a far parte di “Cultura è Salute”. Come valutate questo portale di Club Medici che pone al centro proprio la relazione tra discipline artistiche e benessere della persona?
La cultura è sinonimo di salute, ne sono fermamente convinto. La cultura è anche un modo per incentivare alla prevenzione, l’avere cura di sé grazie alle tante offerte culturali. L’idea di un portale come il vostro, che crei rete e connessione tra le associazioni, è molto valido ed è per questo che abbiamo aderito. Sposiamo la stessa filosofia! Sarebbe interessante avere anche dei momenti di networking per fare incontrare le varie associazioni, ma so che ci state lavorando e che con l’inizio del 2021 avremo questa opportunità, seppur virtuale, di confrontarci con le altre realtà presenti sul territorio. L’auspicio per il futuro, quando questo periodo così difficile sarà passato, è quello che Club Medici possa anche organizzare un vero e proprio Festival della cultura e della salute, connettendo dal vivo i tanti operatori e le persone che lavorano quotidianamente per questo. La conoscenza tra associazioni è fondamentale per crescere, imparando l’uno dall’altro, migliorandosi.