Covid

Da Venezia parla
Giovanni Leoni –
Pandemia, cultura, ultime elezioni

18 Settembre 2024

Il neo presidente OMCeO risponde alle nostre domande dopo essere stato rieletto alla guida dell’Ordine di Venezia per i prossimi quattro anni.

Presidente, prima ancora di affrontare i temi legati all’attualità, essendo lei molto sensibile rispetto al mondo della cultura, come valuta il portale di Club Medici “Cultura è Salute”?

In una lezione universitaria di tanto tempo fa, un professore disse questa frase: “coltivate il bello, perché vedete tante cose tristi”. La cultura e l’arte nelle sue varie forme sono l’espressione migliore dell’uomo perché rappresentano la creatività in una forma superiore. Sono quindi due modi per elevare lo spirito a vari livelli: il paziente, a livello ospedaliero e in casa, è limitato nelle forme d’accesso all’arte, quindi qualsiasi possibilità lo aiuti e che possa dare sollievo o miglioramento, è sicuramente ben accetto. “Cultura è Salute” rappresenta in questo senso un’iniziativa da applaudire. Non dimentichiamo inoltre che anche i medici ne hanno bisogno, siamo uomini e donne come gli altri, abbiamo scelto una professione impegnativa, una professione che ci sottopone a grande stress perché il burnout è sempre in agguato nella categoria medica. Non riuscire a recuperare abbastanza, dopo un turno di lavoro faticoso, per affrontare il turno successivo in modo adeguato, rischia di essere un grande limite: per questo è necessario coltivare anche il bello.

Passando agli altri temi, quali sono le sue impressioni generali sul recente voto?

È stata una votazione con lista unica, in quanto questo triennio ho portato una squadra che ha avuto un buon consenso tra i nostri 4.500 iscritti. Io sono dentro dal 2005 e sono ormai tra i più storici, dato che il resto dell’Ordine si è quasi totalmente rinnovato. Vogliamo sempre di più essere la rappresentanza della categoria nelle sue varie forme: a mio avviso è fondamentale il rapporto con la politica, con la Regione Veneto; già nel 2018 il Presidente FNOMCeO, Filippo Anelli, ha dato enorme impulso ai rapporti istituzionali, tramite un protocollo specifico, perché prima non esisteva questo legame tra le due istituzioni. Abbiamo sviluppato dei rapporti molto saldi tra OMCeO e Regione Veneto, a tutela dei cittadini, e lavoriamo per garantire che l’iscritto sia in possesso dei requisiti adeguati a svolgere la professione medica. Per quanto riguarda gli effetti di rappresentanza credo che la maggioranza dell’Ordine si sviluppi anche mediante i rapporti con la stampa: per rappresentare l’iscritto, devi dare voce alle sue istanze e saperle trasferire; è importante che i mezzi di comunicazione diano voce anche alle nostre problematiche di ogni giorno. Inoltre siamo impegnati a garantire la tutela disciplinare, insita nella categoria, che comporta l’intervento verso colleghi che non si comportano adeguatamente.
Quali programmi vorrà attuare nel futuro prossimo?
Come Ordine di Venezia siamo sempre stati molto attivi nel settore degli eventi e della congressistica, così come per tutte le iniziative a favore della popolazione. Siamo giunti alla decima edizione di “Venezia in Salute”, una manifestazione di piazza dove convergono 40 enti ed istituzioni che si confrontano con i cittadini. Quest’anno lo proponiamo alla metà di ottobre, con un tema principale il covid-19, ma ovviamente non potremo organizzarlo in presenza. Sarà quindi una due giorni online, con ospiti illustri che parleranno dell’evoluzione della patologia a livello scientifico, ma anche con uno spazio dedicato al dibattito tra colleghi per capire com’è stata vissuta questa drammatica esperienza dalla nostra categoria. Riteniamo necessario creare una rete di solidarietà tra colleghi affinché nessuno si senta isolato.

Quali sono le principali problematiche del territorio, anche alla luce della recente pandemia?

Siamo partiti con l’essere tacciati come “untori” d’Europa e questo mi ha ferito molto. Le aree rosse erano Wuhan e l’Italia, il resto d’Europa ci additava con questo epiteto e non è stato affatto piacevole. Durante la pandemia abbiamo sofferto moltissimo, ma siamo anche diventati un esempio per gli altri: è stato il resto del mondo che ha avuto comportamenti sconcertanti, i politici in primis, mentre noi abbiamo dato prova di essere diventati un riferimento a livello europeo. Ci chiedevano quanti medici erano morti in Italia e ci chiedevano aiuto su come comportarsi. Ora assistiamo purtroppo ad un nuovo aumento dei positivi, si fanno moltissimi tamponi ed ora in Veneto stiamo testando anche i tamponi rapidi; intanto i tamponi biomolecolari classici stanno dando ottimi risultati. Ma ci preoccupa la campagna di vaccinazione antinfluenzale: la medicina del territorio si è già dimostrata strategica in Veneto, mantenendo a domicilio molte persone durante la pandemia, proprio per non intasare gli ospedali, dunque adesso bisogna attivare la campagna di vaccinazione con regole specifiche di distanziamento e che possano garantire la sicurezza negli ambulatori. L’80% dei medici di base lavora da solo quindi va supportato a livello di Asl per avere dei locali idonei a fare le vaccinazioni. La prevenzione è spesso un capitolo dimenticato, ma ora è tornato di grande attualità: per evitare l’aumento dei posti in terapia intensiva, bisogna cercare di evitare che i pazienti si ammalino prima. Qualcuno si ammalerà, ma se limitiamo la diffusione del contagio a monte, eviteremo gli stessi incubi della scorsa primavera. Il lavoro principale è sistematizzare le vaccinazioni antinfluenzali ed organizzare l’utilizzo dei tamponi veloci. Potrà essere utilizzo anche per scuole, industrie ed associazioni.

Secondo lei quali sono le principali criticità attuali del sistema sanitario?

In questo momento il problema è legato ad un livello di sensibilità sociale che deve essere adeguato al tasso d’infezione. È vero che ci sono meno vittime da coronavirus e più asintomatici, ma è vero anche che l’età media si è abbassata a 30-40 anni e quindi la diffusione del virus, che era ridotta ai minimi termini in estate, sta rapidamente aumentando. Capisco che le persone siano stanche di essere limitate, ma si devono rendere conto che il rispetto delle regole, l’uso corretto delle mascherine, il distanziamento sociale oppure evitare le aggregazioni è di vitale importanza; altrimenti non solo si rischia di contagiarsi, ma si mettono in pericolo tutte quelle categorie fragili come gli anziani, le persone con patologie croniche, i diabetici. La sensibilità sociale deve essere più diffusa, è sconcertante che non ci sia un adeguato rispetto della gerarchia delle fonti. Da medico sono sempre stato rispettoso della gerarchia delle fonti: purtroppo hanno voce anche i gruppi di negazionisti, i terrapiattisti, privi di qualsiasi conoscenza, che vogliono semplicemente apparire, che fanno leva sulle menti più fragili ed ignoranti. Questo mi preoccupa molto. È possibile che tra due anni questa situazione sia sensibilmente ridotta per via “dell’adattamento del virus”, come è avvenuto già nell’evoluzione di altre infezioni del passato, ma non siamo assolutamente arrivati a questo punto, ci vorrà del tempo, ci vorrà pazienza, perciò è ancora il momento di impegnarsi tutti quanti insieme.