18 Settembre 2024
La direttrice del team dell’università “Tor Vergata” di Roma ci parla di questa proteina come barriera naturale in grado di bloccare il coronavirus.
Il COVID-19 resta ancora oggi un virus “nuovo” e del quale si sa poco. Ma da quando la comunità scientifica ha iniziato a studiarne il meccanismo d’azione è emerso questo dato: i bambini contagiati dal coronavirus hanno avuto sintomi decisamente più lievi degli adulti e solo in rarissimi casi l’infezione si è aggravata. Parte proprio da questa osservazione anche lo studio condotto dalla ricercatrice dell’Università di “Tor Vergata” di Roma, Elena Campione, e dal suo team sui possibili effetti di supporto e di prevenzione sul Covid della proteina lattoferrina, uno dei costituenti principali della nostra immunità naturale.
Da dove nasce la sua intuizione e come ha sviluppato questo studio?
Stavo studiando l’immunità innata perché già durante la prima epidemia SarS del 2003, quel tipo di coronavirus era stato esaminato soprattutto per i suoi effetti legati all’attivazione dei geni dell’immunità innata ed era emerso il coinvolgimento proprio della lattoferrina. Nei pazienti affetti da SARS si osservava un’incremento nella produzione di lattoferrina endogena in risposta al virus. L’intuizione è diventata ancora più interessante quando ci siamo resi conto, durante la più recente pandemia di covid-19, che tra i bambini affetti dal virus non c’era fortunatamente un’incidenza di casi gravi, a differenza delle fasce di popolazione più adulte, colpite in modo aggressivo dal virus. Soprattutto nei neonati e nelle donne in stato gravidico non si registravano casi gravi di covid, anche durante i mesi più critici della scorsa primavera. Ci siamo quindi resi conto del potenziale antivirale della lattoferrina che non ha solo una funzione a livello immunologico, ma sottrae il ferro dai fluidi e dai siti infiammatori, impedendo ai patogeni, come il coronavirus di replicare. Questo aspetto sui bambini ci sembrava molto importante dal punto di vista epidemiologico. e poi sono stati pubblicati alcuni studi che hanno evidenziato l’assenza del virus nel latte materno. La lattoferrina contribuisce nel latte materno insieme agli anticorpi della mamma ed altre sostanze a neutralizzare i patogeni.
Che tipo di proprietà ha la lattoferrina?
Ha sicuramente degli effetti antivirali ed antiinfiammatori importanti. Viene utilizzata anche nella prevenzione delle infezioni nei neonati, perché ha un’azione altamente protettiva non soltanto contro i virus, ma anche contro funghi e batteri. Le sue proprietà antivirali bloccano i recettori sulla membrana della cellula ospite, impedendo ai patogeni l’ingresso. Dopo un’attenta valutazione delle potenzialità di questa molecola insieme al Prof. Bianchi e al Prof. Andreoni, primario di Malattie Infettive del Policlinico Tor Vergata, abbiamo deciso di proporre un protocollo per valutare l’efficacia e la tollerabilità della lattoferrina, in una nuova formulazione liposomiale nei pazienti Covid paucisìntomatci ed asintomatici. Abbiamo somministrato 1gr di lattoferrina all’esordio della malattia, i pazienti non hanno avuto effetti collaterali, e abbiamo osservato una graduale scomparsa dei sintomi principali (anosmia, debolezza muscolare, cefalea, diarrea, febbricola), insieme ad una negativizzazione più rapida del tampone, rispetto alla media di pazienti COVID senza trattamento di supporto. Contestualmente la Professoressa Valenti, Ordinario di Microbiologia dell’Università La Sapienza di Roma, che ha studiato le proprietà della lattoferrina da più di 20 anni, ha iniziato uno studio in vitro per valutare l’effetto della lattoferrina sul SARSCOV2.
Dunque in che modo questa proteina può “contrastare” il coronavirus?
Ha un’azione di sequestro degli ioni ferro, ha un’azione anti virale perché blocca l’ingresso del virus nella cellula. La Prof.ssa Valenti e il Dr Luigi Rosa, dell’Università La Sapienza, In collaborazione con l’università di Padova hanno confermato in vitro l’azione inibitoria della lattoferrina che impedisce l’internalizzazione del virus nella cellula ospite. La conferma di questa funzione sarebbe legata secondo il Prof. Falconi e il Dr Iacovelli, dell’Università di Tor Vergata, che hanno studiato il docking molecolare della lattoferrina alla sua capacità di neutralizzare la proteina di superficie del virus Spike. D’altrocanto la lattoferrina favorisce la riduzione dell’interleuchina 6, una citochina che nei pazienti covid può aumentare nelle fasi di peggioramento dell’infezione. Un altro effetto degno di nota della molecola grazie alla presenza dei suoi recettori sulle piastrine è l’effetto antitrombotico e questo è stato dimostrato anche nello studio che abbiamo condotto sui pazienti covid nei quali abbiamo osservato la riduzione del dimero del fibrinogeno, durante il trattamento con lattoferrina. L’altra caratteristica che ne attesta la capacità antivirale è data dalla percentuale di negativizzazione dei pazienti trattati: oltre il 70% di queste persone è migliorata, con una regressione dei sintomi, in appena 15 giorni, mentre la media di negativizzazione nei pazienti asintomatici e/o paucisintomatici è di circa 30 giorni. Quindi questa molecola può essere davvero determinante. I pazienti nello studio hanno assunto la lattoferrina liposomiale, per bocca al dosaggio di un grammo al giorno in associazione alla somministrazione di uno spray intranasale sempre con lattoferrina liposomiale. L’opportunità di somministrare la molecola anche a livello intranasale è determinante perché il naso è la porta d’ingresso del virus.
Che tipo di risultati avete osservato sui pazienti Covid ai quali è stata somministrata?
Abbiamo trattato circa 32 pazienti, ma chiaramente ad oggi sono molto di più, quasi un centinaio. Uno degli aspetti cruciali dello studio è stata l’evidenza della negativizzazione del tampone in tempi ridotti rispetto al tempo medio dei pazienti asintomatici o paucisintomatici senza alcun trattamento di supporto. La molecola è inclusa nella classe degli integratori, non è un farmaco, contribuisce a potenziare le difese naturali dell’organismo che già possiede lattoferrina all’interno dei globuli bianchi e precisamente nei granulociti neutrofili che combattono le infezioni in prima battuta. Il suo impiego è già noto nella prevenzione della sepsi dei neonati pretermine, nelle malattie croniche intestinali, nella fibrosi cistica, nelle infezioni delle mucose genitali, nell’anemia gravidica e non. In attesa del vaccino possiamo contare su questa sostanza che agisce su vari fronti dove il virus si trova maggiormente coinvolto ossia a livello della mucosa respiratoria ed intestinale. Il nostro studio in via preliminare ha dato risultati importanti che andranno confermati su un numero maggiore di pazienti, ma già in questo periodo di ripresa del contagio abbiamo un grande numero di pazienti asintomatici che la stanno assumendo, e questo è senza dubbio un supporto a livello epidemiologico per bloccare anche il contagio.